MESSAGGIO DEL MINISTRO GENERALE ALLA FAMIGLIA TRINITARIA

IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI SAN GIOVANNI DE MATHA

E NATIVITA’ DI NOSTRO SIGNORE

       Lit. Circ.7/2021

B.S.SS.T

Carissimi fratelli e sorelle,

giunga a tutti voi membri della Famiglia Trinitaria il mio cordiale e fraterno saluto.

Nello scorso mese di ottobre nelle diocesi di tutto il mondo si è solennemente celebrata l’apertura del Sinodo dei Vescovi che rifletterà sulla dimensione sinodale della Chiesa. La sinodalità «designa innanzi tutto lo stile peculiare che qualifica la vita e la missione della Chiesa, esprimendone la natura come il camminare insieme e il riunirsi in assemblea del Popolo di Dio. Tale modus vivendi et operandi si realizza attraverso l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla sua missione» . Non è difficile constatare come questo tema trovi perfetta sintonia con il nostro carisma. La sinodalità, per noi Trinitari, non è quindi una scoperta dell’ultima ora ma memoria viva della nostra storia, caratteristica peculiare della nostra spiritualità. Il nostro fondatore, infatti, ispirato dallo Spirito Santo, fu un grande innovatore della vita religiosa, non solo per la sua apertura ai bisogni dei poveri e alla liberazione degli schiavi pro fide Christi, ma anche per lo stile di fraternità e di comunione che animò la sua coraggiosa dedizione. In un momento storico dove regnava una visione estremamente gerarchica e clericale della Chiesa, San Giovanni de Matha volle percorrere un sentiero diverso, ritornando allo spirito del Vangelo. Nel suo cuore palpitava, infatti, un modello di Chiesa non fondata sul potere e sul prestigio ma sul servizio e sulla fraternità che non esclude nessuno.

Nella Regola che il fondatore ci ha lasciato come perenne riferimento del nostro modus vivendi et operandi troviamo, infatti, non solo le opere da realizzare ma anche lo stile di vita che deve accompagnare la nostra missione: uguaglianza, fraternità, ascolto, accoglienza, apertura agli altri, servizio, missionarietà. Non basta, infatti, promuovere iniziative e impegnarsi nelle opere di apostolato. Conta anche e soprattutto lo stile, il modo in cui tutto ciò si realizza. A volte constatiamo che si mettono in cantiere grandi progetti ma che non portano l’impronta della comunione e della condivisione e che, quindi, sono destinati al fallimento. Nel suo progetto di redenzione degli schiavi e di accoglienza dei poveri, San Giovanni de Matha coinvolse sin dall’inizio i laici, sia mediante l’istituzione delle confraternite trinitarie sia attraverso gli oblati. Questa scelta non fu dettata da esigenze strategiche o dal bisogno di risorse economiche, ma dalla consapevolezza che il carisma trinitario è dono di Dio affidato non solo ai religiosi ma anche ai laici, per il bene della Chiesa e dell’umanità. La comunione e lo spirito di famiglia sono per noi oggi garanzia di fedeltà al carisma e ci aiutano ad affrontare nel migliore dei modi le sfide del momento attuale. Sostenere il laicato nella diversità delle sue espressioni (confraternite, movimenti, associazioni, fraternità…) non è solo un dovere per tutti i religiosi e le religiose, ma è soprattutto un bisogno ed una possibilità straordinaria di arricchimento vicendevole e di testimonianza credibile. Grazie a Dio vi sono segnali incoraggianti in questa direzione. Dobbiamo riconoscere che soprattutto a partire dalla prima assemblea inter-trinitaria di Majadahonda nel 1986, si è dato un forte impulso alla dimensione familiare e sinodale del nostro carisma. Come avvenne in passato, anche oggi la Famiglia Trinitaria si trova particolarmente unita nel sostegno ai cristiani perseguitati. Il SIT internazionale è certamente il più grande esempio di missione condivisa “in famiglia”. Vi sono, inoltre, non poche opere di carità frutto della collaborazione tra i diversi membri della Famiglia Trinitaria. Mi piace anche ricordare che l’ultimo Capitolo Generale ha inaugurato un nuovo metodo nella programmazione delle linee guida per il sessennio, con l’ascolto e il coinvolgimento dei laici e delle religiose: la pastorale giovanile e vocazionale deve essere un ulteriore campo di azione comune e di condivisione per tutta la Famiglia Trinitaria. Con gioia ho potuto constatare che questo metodo è stato adottato anche in alcuni Capitoli Provinciali.

Andiamo avanti senza lasciarci vincere dalla fatica e dalle difficoltà che incontriamo in questo cammino. La gioia della comunione fraterna sia più forte delle nostre paure e chiusure. Ci aiuterà a superare gli atteggiamenti anti-sinodali del rigorismo dottrinale, dell’autoritarismo, dei protagonismi personali, del sentimento di superiorità, dell’immobilismo, della paura delle diversità. La sinodalità, inoltre, non è solo una sfida per il nostro presente ma anche speranza per il futuro. Papa Francesco ci ricorda che «nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità».

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Nel nuovo anno inizierò la Visita Pastorale che ho dovuto rimandare a causa della Pandemia. Dal 7 al 12 giugno p.v. celebreremo, inoltre, la Congregazione Generale a Cerfroid, dove saranno ripresi gli orientamenti del Capitolo Generale soprattutto sulla formazione dei candidati alla vita religiosa trinitaria e sull’accompagnamento dei giovani religiosi professi solenni. Affido questi momenti di incontro, di riflessione e di condivisione alla vostra preghiera perché portino frutti per il bene di tutti.

Nel nuovo anno vi saranno anche due importanti celebrazioni: l’VIII centenario della morte del terzo Ministro Generale dell’Ordine, Padre Guglielmo Scotus        (17 maggio1222) e il V centenario della nascita del beato Marco Criado (Andujar, 25 aprile 1522). Padre Guglielmo Scotus fu tra i primi collaboratori del nostro fondatore e grande propagatore del culto della Madre del Buon Rimedio. Conobbe il martirio nei pressi di Cordova (Spagna), durante un viaggio di redenzione. Egli fa parte della lunga schiera dei santi non canonizzati della nostra famiglia religiosa. La passione, lo zelo e la testimonianza del nostro terzo Ministro Generale dell’Ordine come redentore ci viene confermata da San Giovanni Battista della Concezione il quale conosceva bene, già dal noviziato, questi esempi straordinari: «Nel principio del nostro Ordine lo Spirito che ci fu comunicato era dal cielo, ed era fuoco che bruciò i cuori dei nostri Padri e li accese di una carità così grande che li portò ad esercitarsi in opere di carità meravigliose».

Il Beato Marco Criado, dopo la sua formazione e l’ordinazione sacerdotale, fu inviato missionario a Las Alpujarras, nella Spagna del Sud, in una regione allora roccaforte dei musulmani, dove impegnò tutte le sue energie nella predicazione e nelle opere di misericordia. Egli volle dedicare la sua vita al sostegno dei cristiani in pericolo di perdere la fede e non ebbe timore di mettere per loro in pericolo la sua stessa vita.  Dopo essere stato più volte picchiato, insultato e fatto prigioniero, il 25 settembre 1569 fu torturato e ucciso, trafitto al petto con una lancia.

P. Guglielmo Scotus e il beato Marco Criado, anche se vissuti in epoche diverse, sono accomunati dalla offerta eroica della loro vita attraverso il martirio. I martiri di ieri e di oggi ci offrono una testimonianza suprema di amore e di libertà. Il loro sacrificio è una scomoda e potente invocazione di pace e di perdono per l’intera umanità e per noi un mirabile esempio di fedeltà a Cristo e al carisma del nostro fondatore. Giovanni Paolo II nel suo messaggio in occasione dell’VIII centenario dell’approvazione della Regola, ci diceva: «Gli esempi di santità e di martirio, che arricchiscono la vostra Famiglia religiosa, sono la riprova della validità del vostro carisma. É compito degli attuali discepoli di san Giovanni de Matha e di Felice de Valois farsi annunciatori nel nostro mondo del Mistero trinitario soccorrendo, quali moderni apostoli di liberazione per l’uomo contemporaneo, chi rischia di rimanere prigioniero di meno visibili ma non meno tragiche ed oppressive schiavitù» . L’ esempio di questi uomini innamorati del carisma trinitario fino a dare la vita per Cristo e come Cristo, ci unisce ancor più alla sofferenza di tanti nostri fratelli, che vengono discriminati e perseguitati a motivo della loro fede.

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Tra pochi giorni celebreremo la Solennità del nostro fondatore San Giovanni de Matha e il grande mistero del Natale. Un grande testimone di fede del secolo scorso, il teologo Dietrich Bonhoeffer, descriveva il mistero del Natale come il miracolo dell’amore, della vicinanza e della grazia di Dio che si abbassa fino a raggiungere la nostra miseria: «dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì egli dice “si”. Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”» . Il Natale sia per tutti occasione di vero rinnovamento interiore. Mettiamoci anche noi dalla parte degli ultimi e degli esclusi, spogliamoci di ogni vanità, superbia, orgoglio e lasciamo solo a Dio ogni onore e grandezza.

Il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio sia luce di speranza in questo momento così complesso e difficile, segnato non solo dalla pandemia ma anche da una profonda crisi di umanità e di solidarietà.

A tutti voi e a ciascuna comunità religiosa e fraternità laicale giunga per la solennità del nostro fondatore e per le prossime festività natalizie il mio augurio di gioia e di pace.

Roma, 28 novembre 2021

Prima domenica di Avvento

Fr. Luigi Buccarello O. SS. T.                                                                        Ministro Generale