Cfr. AOSST, vol. VI/7 (1962) pp. 372-373
La beata Vergine Maria del Buon Rimedio, Patrona dell’Ordine della Santissima Trinità
I religiosi trinitari, che hanno come scopo speciale quello di onorare la divina Trinità con particolare culto di adorazione, promuovere questa fondamentale devozione ed esercitare le opere di misericordia per alleviare i mali dei sofferenti, sin dalle origini dell’Ordine hanno venerato con singolare devozione la Vergine Maria, santuario dell’augusta Trinità, sotto il titolo del “Buon Rimedio”.
Infatti san Giovanni de Matha, padre, fondatore e legislatore, ardeva di una tenera devozione alla Vergine Madre di Dio, e con il suo materno aiuto istuí e propagò questo Ordine, lasciando ai suoi figli la preziosa eredità di una intensa devozione mariana. Essi hanno conservato attraverso i secoli, e ancora oggi lo mantengono fiorente, il culto alla Madre di Dio, che porge rimedio ai mali di quanti a lei ricorrono con fiducia.
Il Capitolo Generale del 1959, avendo costatato che il culto alla Madre di Dio, tramandato dalla tradizione, era diventato una devozione particolarmente sentita in tutto l’Ordine, manifestò anche a nome di tutti i religiosi dell’Istituto, il vivo desiderio che la inclita Vergine Maria, venerata sotto il titolo suddetto, fosse costituita dall’Autorità della Sede Apostolica, celeste patrona di tutto l’Ordine trinitario.
Pertanto noi, nella fiducia che questo spingerà di più i membri di questa famiglia religiosa a onorare con perenne e ardente amore la Vergine Maria, insignita di questo dolce titolo e, mossi dal suo esempio, si dedicheranno maggiormente a portare sollievo e rimedio ai mali dei miseri, abbiamo deciso di accogliere favorevolmente la loro supplica. Sentito, quindi, il parere della sacra Congregazione dei Riti, con piena conoscenza e dopo maturo esame, in virtù della potestà nostra e dell’Autorità Apostolica, con questa lettera costituiamo e proclamiamo in perpetuo la beata Vergine Maria sotto il titolo del “Buon Rimedio”, celeste patrona principale, insieme a sant’Agnese, vergine e martire, di tutto l’Ordine della Santissima Trinità, attribuendo alla sua celebrazione tutti gli onori e i privilegi che legittimamente competono ai Patroni degli ordini e Congregazioni religiose, e concedendo, nello stesso tempo, l’autorizzazione di celebrare ogni anno la sua festa il giorno otto del mese di ottobre.
D. Card. Tardini
Cfr. AAS 55 (1963) 31-32
Stanno per compiersi 750 anni da quando San Giovanni de Matha, terminando il suo pellegrinaggio terreno, saliva in cielo. Amato da Dio e dagli uomini, la sua memoria vive nella benedizione (cfr. Ecl 45, 1). É opportuno che il ricordo di una data così importante si celebri con grande solennità e faccia brillare con maggior forza la sua figura nella Chiesa. Certamente, qui si devono applicare le parole delle Sacre Scritture che ci esortano a proclamare: “Lodiamo gli uomini gloriosi, nostri padri, che vissero nelle varie epoche” (Ecl 44, 1). Crediamo che sia nostro dovere approvare la tua intenzione, caro figlio, di celebrare con maggiore solennità quanto riguarda l’insigne vita, opere e meriti del vostro padre legislatore. Quando Giovanni de Matha e Felice de Valois, a lui associato in fraterna alleanza, dopo essere rimasti lungo tempo in solitudine dediti alla preghiera, chiedendo insistentemente la manifestazione della volontà divina, ottennero dal nostro predecessore, Innocenzo III, che nella Chiesa si fondasse una nuova famiglia religiosa, l’Ordine della Santissima Trinità per la redenzione degli schiavi nelle mani degli infedeli, la grazia divina ha favorito chiaramente questa opera provvidenziale. Quest’Ordine ebbe inseguito, grande auge, giacché come albero piantato lungo corsi d’acqua, ha dato frutti a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai (cf. Sal 1, 3). Ha prodotto in abbondanza, squisiti frutti di carità, ottenuti spesso con atti eroici, apportando un grande beneficio per la società cristiana. A coloro che leggono gli annali della vostra storia, appaiono chiaramente le innumerevoli inestimabili opere realizzate dai vostri predecessori per liberare gli schiavi di qualunque tipo ed età, che giacevano schiavi nelle mani dei nemici del nome di cristiano.
Con il mutare delle circostanze, seguendo le esigenze della carità evangelica, si aprono al vostro istituto religioso, altri campi e fini, perché i redenti, a prezzo del sangue di Cristo dal potere delle tenebre e dalla schiavitù del peccato, che è più dura e crudele delle altre, siano liberati. Infatti, per accrescere la gloria di Dio uno e trino, voi, autentici amanti dei vostri fratelli, con intensa vita di preghiera, con sacrifici corporali volontari, vi dedicate ai ministeri ecclesiali. Dopo essermi rallegrato contemplando lo sforzo e il progresso della vostra laboriosità, faccio ferventi voti perché cresca in vigore, fiorisca e dia anche frutti maggiori di servizio e aiuto in favore della causa cristiana. Imitate la generosa forza dei vostri predecessori, seguite il loro modo di operare imitandovi gli uni gli altri. Non solamente siete consacrati alla santità, ma alla pienezza della perfezione della santità. Il vostro compito è aderire a Dio; a voi spetta di far brillare come il sole, il nome arcano e adorabile della Trinità nelle menti, portare con entusiasmo le cose grandi alla realtà e alla pratica della vita.
Augurandovi quanto detto, perché procedano felicemente le celebrazioni stabilite in onore di San Giovanni de Matha con frutti abbondanti, e perché lascino un ricordo perenne, a te, caro figlio, impartiamo di tutto cuore la Benedizione Apostolica.
Dato in Roma, presso San Pietro, il 29 novembre 1962, quinto anno del nostro pontificato.
Cfr. AOSST VI/9 (1963) 537-539
Nel mese di novembre 1962, avvicinandosi il settecentocinquantesimo anniversario della morte del Nostro Santo Fondatore Giovanni de Matha, con filiale affetto e sicura fiducia, rivolgemmo umile preghiera al Santo Padre Giovanni XXIII, di f.m., perché si degnasse onorare sì fausto avvenimento con una sua venerata lettera. Come era da aspettarsi, volentieri aderì ai nostri desideri inviando un paterno autografo in data 29 novembre, nel quale faceva risaltare l’alta figura di S. Giovanni de Matha, lodava l’iniziativa di solennizzare la memoria in questo anno giubilare, ed esortava a imitarne gli esempi, soprattutto per ciò che riguarda la sua infiammata devozione verso il mistero della Trinità e la sua operosa carità verso gli infelici.
Incoraggiati dallo stesso Vicario di Cristo, demmo inizio alle celebrazioni il giorno 17 dicembre, anniversario della morte del Fondatore, non solo, ma anche dell’approvazione della Regola dei Trinitari, da lui stesso scritta e presentata nel 1198 al Sommo Pontefice Innocenzo III. La cerimonia fu intima, ma solenne con la Messa cantata proprio in quella Chiesa e in quel luogo dove il Santo Fondatore visse gli ultimi anni della sua vita, dove esalò l’ultimo respiro, e dove riposarono le sue sante spoglie per oltre 450 anni. Vi partecipò un gran numero di Religiosi Trinitari con al completo i Superiori Maggiori e i Superiori della Provincia Italiana. Feste esterne e più ufficiali ci ripromettevamo di farle in una data futura più propizia.
Il 3 giugno tuttavia l’amato Pontefice Giovanni XXIII venne chiamato dal Signore al suo premio eterno. Gli successe un altro grande Papa, Paolo VI, un Papa che unisce bellamente in sé la bontà e paternità di Papa Roncalli con l’acume e diplomazia di Papa Pacelli.
Tutto il mondo, dopo aver pianto dall’intimo del cuore il primo, si strinse festoso attorno al secondo. Era quindi naturale che anche i Superiori Generali, quali rappresentanti dell’esercito apostolico alle immediate dipendenze del Sommo Pontefice, sentissero il dovere e il desiderio di presentarsi al loro diretto Ordinario per rinnovare i sentimenti di totale obbedienza e illimitata dedizione al nuovo Vicario di Cristo.
Per noi Trinitari poi c’era una ragione ulteriore: Volevamo che anche Paolo VI, come già il Suo santo predecessore, benedicesse e prendesse sotto la Sua protezione i festeggiamenti della data commemorativa a noi tanto cara. Chiedemmo quindi questa udienza e ci venne concessa per il giorno 5 agosto.
Ancora sotto la soave impressione della bontà e affabilità del santo Padre in questa memorabile udienza mi permetto di raccontarla con quella stessa semplicità con cui si è svolta.
Erano circa le ore 12 quando fummo ammessi alla sua Augusta presenza. Qualunque imbarazzo avessi potuto sentire fu subito dissipato dalle sue prime parole.
– Oh, P. Michele di Gesù, il Superiore Generale dei Padri Trinitari! Ringraziamo assai Vostra Paternità di questa Visita e domandiamo scusa se ha dovuto attendere un poco. Alle volte certe udienze vanno più a lungo di quanto era previsto.
E così dicendo mi mostrò la sedia invitandomi a sedere.
– Santo Padre, sono qui per presentare a V. Santità gli omaggi miei personali e quelli dell’intero Ordine Trinitario, sia del ramo maschile, come dei rami femminili e dei Terziari. Per tutti mi è dolce professare profonda ubbidienza a V. Santità e dichiararci figli devotissimi della Santa Sede.
– Ringraziamo Vostra Paternità di questa professione di devozione a Noi e alla Santa Sede, e prendiamo volentieri atto di questa offerta di ubbidienza incondizionata. Intanto vorrà ringraziare tutti i Religiosi, Padri, Studenti, Fratelli e Novizi; porterà a tutti i nostri saluti e la nostra Benedizione.
– Sono qui anche, Santo Padre, perché quest’anno celebriamo il 750mo anniversario della morte del Nostro Santo Fondatore. Avendo per tale occasione fatto coniare medaglie commemorative, mi son permesso di portarne una a V. Santità supplicando che Si degni accettarla.
Il Santo Padre, ringraziando di gran cuore, la gradì, ne ammirò l’artistica fattura e si espresse in lusinghiere parole sia per la medaglia d’ora, come dell’astuccio, anche esso sormontato da uno stemma d’oro. Indi benignamente domandò:
– Quando è che ci saranno le celebrazioni?
– Nella prima settimana di ottobre.
– Vuole che facciamo qualche cosa per queste celebrazioni? Vuole qualche lettera?
– Una lettera ci darebbe una gioia immensa. Devo tuttavia far notare che già il Suo Venerato predecessore Giovanni XXIII ne inviò una a tale riguardo.
– Ebbene ne faccia richiesta ugualmente; e giudicheremo se sia conveniente ripeterla ovvero fare qualche altra cosa.
Poi osservando di nuovo la medaglia e leggendone la scritta domandò:
– Dove si trova il Corpo di questo Fondatore?
– Santo Padre, è una storia molto lunga e molto triste. Ma se Vostra Santità mi da il permesso ne accennerò brevemente le vicende principali.
– Dica, dica pure; Ci piace saperla.
E così narrai in poche parole come S. Giovanni, morto nel 1213, fosse stato sepolto nella chiesetta dello stesso monastero in cui viveva, S. Tommaso in Formis al monte Celio. Ivi restò per diversi secoli; ma siccome la detta chiesa, passata per eventi storici al Capitolo di S. Pietro, restò in seguito pressoché chiusa al pubblico, i Religiosi Trinitari Spagnoli non poterono tollerare che il Corpo del loro Santo Fondatore fosse in una chiesa abbandonata. E così avendolo potuto ottenere differentemente, lo trafugarono nella Spagna. Lì fu requisito dalla Nunziatura Apostolica, e vi rimase per circa settanta anni. Finalmente dopo un esame esauriente sulla autenticità delle reliquie fu consegnato ai Padri Trinitari, e da questi, con solennissima Traslazione, posto al culto sotto l’altare maggiore della loro chiesa a Madrid. Vi rimase fino al 1835 quando i Religiosi, soppressi per le leggi di esclaustrazione, lo lasciarono in custodia alle Suore Trinitarie Scalze di clausura nella stessa città di Madrid. Presso di esse si trova ancora dentro uno stipo nel loro coro interno.
– Ma allora bisogna esporlo alla venerazione, e bisogna farlo subito; si, bisogna farlo subito.
– Si, Santo Padre, è quello che tutti i Trinitari desiderano, e cercheremo di farlo al più presto possibile.
Indi volle informarsi del numero di Religiosi, e dei soggetti in formazione, dei luoghi dove ci troviamo e quale apostolato svolgiamo.
Cercai di rispondere del numero, del luogo e del nostro presente apostolato, mettendo soprattutto in risalto le nostre due missioni nel Madagascar che, affidate ai nostri stessi Vescovi Trinitari, vanno assai bene. Inoltre aggiunsi che in questi ultimi anni abbiamo preso anche la cura di alcune prigioni nel Canada e negli Stati Uniti.
– Bene, mi piace molto; le prigioni sono assai affini al loro scopo primitivo. E le Suore Trinitarie dove si trovano e cosa fanno?
– Abbiamo vari rami di Suore Trinitarie. Alcune sono in Italia, altre in Francia, Spagna, America, Canada. Due di questi rami lavorano anche nelle Missioni. Tutte poi, eccetto alcune di stretta clausura, si dedicano all’insegnamento, o alla protezione della giovane.
– Sono anche qui a Roma?
Si, alla Madonna del Riposo. E proprio in questi giorni anche le Trinitarie della Francia e della Spagna stanno aprendo rispettivamente una loro casa qui a Roma.
– Ebbene, le saluti tutte da parte Nostra ed anche ad esse porti la Nostra Benedizione.
– Santo Padre, proprio fra qualche ora parto per la Spagna, per trovarmi alla benedizione e inaugurazione di due nostri Collegi in quelle due Province.
– Ci rallegriamo molto dell’apertura di questi due Collegi, e porti a tutti i Religiosi, ai Benefattori e a quelli che vi assisteranno la mia Benedizione.
Infine per rendere più completa la gioia della visita osai domandare se volesse permettere al mio segretario di entrare e di poter prendere una fotografia; alla qual cosa Egli graziosamente acconsentì. Calcando un bottone fece segno al cameriere partecipante di far entrare il segretario e il fotografo. Ammise il segretario al bacio dell’anello, e scambiò con lui alcune parole. Indi si presero due fotografie: una sola con me, e un’altra con P. Luigi segretario. Poi, ripetendoci ancora di dare i Suoi saluti ai Novizi, agli Studenti e a tutti, e dandoci la Sua Benedizione Apostolica, ci accomiatò con largo gesto di mani. La memorabile udienza era terminata. Era durata circa dodici minuti.
Dominus conservet Eum, et vivificet Eum, et beatum faciat Eum in terra; et non tradat Eum in animam inimicorum Eius!
Cfr. AOSST VI/10 (1963) 585
Stato Città del Vaticano
Em.mo Cardinale Luigi Traglia Provicario Generale Sua Santità protettore Ordine SS.ma Trinità – Palazzo S. Offizio
Città del Vaticano
Augusto Pontefice lieto apprendere che in occasione settecentocinquantesimo anniversario morte San Giovanni de Matha nella Basilica di San Crisogono avranno luogo solenni festeggiamenti fa suoi alti e nobili sentimenti espressi dal suo predecessore di felice memoria nella lettera autografa di circostanza mentre con paterno animo forma caldi voti perché rievocazione luminosa figura inclito santo nonché provvidenziale opera da lui svolta nella Chiesa susciti nei religiosi trinitari nuovo slancio e generosi propositi di adesione fedeltà ideali loro vocazione et in quanti parteciperanno a tali cerimonie rinnovato fervore di pietà et vita cristiana punto con tali auspici Sua Santità imparte a vostra Eminenza Reverendissima al Rev.mo Ministro Generale ai religiosi religiose terziari trinitari al parroco ai fedeli tutti come pegno di elette e copiose grazie celesti una particolare benedizione
Cardinale Cicognani
Cfr. AOSST VII/3 (1965) 157-159
Diletti figli,
La vostra presenza Ci procura una vera consolazione, e ve ne ringraziamo di cuore. Se grande è infatti il compiacimento che proviamo al ricevere le folle dei pellegrini, che si susseguono in questo centro della cattolicità, come eloquente testimonianza della vitalità e dell’ammirabile varietà della Chiesa, esso diventa tutto particolare quando abbiamo la soddisfazione di accogliere i religiosi, di ogni provenienza e denominazione, porzione eletta del popolo di Dio e prolungamento dell’attività orante e caritativa di Cristo tra gli uomini, congiunti in modo speciale alla Chiesa – come bene esprime la Costituzione Conciliare “De Ecclesia” (n. 44) per mezzo dei consigli evangelici e della carità.
Questi sentimenti sorgono oggi in cuore nel vedere qui, riuniti in un solo palpito di fede gli eletti membri di storiche e benemerite Famiglie religiose: e in voi, come attraverso un prisma scintillante, vediamo riflessi tutti i vostri Confratelli, che in ogni parte del mondo, nella dedizione generosa, nell’umile silenziosità della vita, forse nelle prove e nella incomprensione, spendono gioiosamente le loro energie per il Regno di Cristo.
L’ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITÀ SODALIZIO DI FEDE
Salutiamo tutti, diletti Capitolari dell’antico Ordine della Santissima Trinità, che da quasi otto secoli portate agli uomini il profumo di una devozione profonda, virile, delicata verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, verso il mistero primordiale di ogni conoscenza e ogni amore. La vostra presenza nel mondo è l’eco tuttora viva di un’epoca piena di fede, che nel nome della Santissima Trinità seppe dare il meglio di sé, imprimendo un profondo carattere cristiano a tutte le forme della vita culturale, artistica, civica e sociale: epoca che vide sorgere le grandi cattedrali della cristianità, le Somme del sapere teologico e scientifico, diciamo anche, i liberi Comuni e i grandi Ordini religiosi. Da quella fede voi traete tuttora le ragioni della vostra vita, del vostro apostolato, specialmente in terra di missione: sappiate esserne i testimoni ardenti e instancabili anche in un tempo esteriormente freddo ed estremamente critico come il nostro, sappiate essere i degni continuatori di una luminosa tradizione, cui è onore appartenere.
A noi fa sempre impressione questo ricorso al pensiero della tradizione e che voi ce lo portate; è il ruscello dei secoli che arriva sfidando il tempo e tutte le stanchezze delle vicissitudini umane ancora fresco e vivo davanti a Noi. E Ci sembra che quando questo filo della tradizione giunge qui, dove c’è una promessa divina che la tradizione non verrà meno, tutte queste derivazioni tradizionali cambiano vita, si rinvigoriscono, hanno una energia nuova, prendono una pienezza di gioventù – e diciamo una parola più esatta – di Spirito Santo, di grazia di Dio e d’innesto nel mistero della Chiesa che le può far rifiorire.
Carissimi figli medioevali, ci portate non soltanto il passato, ma un bellissimo presente e l’avvenire.
Mettiamo un pensiero a tutte le anime belle e giovani che vengono a voi, i vostri novizi, i vostri Confratelli più giovani, che sappiano nutrirsi dei vostri esempi, e sappiano davvero ereditare tutti gli sforzi che le vostre Famiglie religiose hanno fatto non solo per conservarsi, ma soprattutto per essere fedeli ai loro statuti originali e al loro fine ultimo: la fedeltà e l’amore a Cristo Signore.
La Nostra preghiera invoca copiose grazie celesti per la perseveranza degli eletti e l’accrescimento delle vocazioni. E di questi voti vuol essere finalmente pegno, pieno di singolare benevolenza, la Nostra Apostolica Benedizione, che di gran cuore impartiamo a voi, qui presenti, e a tutti i vostri Confratelli, a Noi tanto diletti.
Cfr. AOSST VII/11 (1969-70) 789
Beatissimo Padre,
In doveroso ossequio alla lettera e allo spirito del Decreto “Perfectae Caritatis” e del Motu Proprio “Ecclesiae Sanctae” l’Ordine Trinitario si prepara ad affrontare l’ultima fase del lavoro per la revisione delle leggi nel prossimo Capitolo Generale Speciale che avrà inizio il 1 agosto c.a. nella nostra casa di Gramby, Que., Canada.
Consci e quasi sgomenti della grande responsabilità che esso comporta, noi quali figli devoti ci rivolgiamo con fiducia a Vostra Santità, supplicando umilmente di confortarci con una Sua Paterna Benedizione e, se possibile, con qualche Sua Augusta Parola, che sia di guida e di sprone nella ricerca affannosa del metodo di vita corrispondente più da vicino allo spirito del nostro grande Fondatore S. Giovanni de Matha, che consacrò la sua vita e le sue opere alla redenzione degli schiavi per salvaguardare la loro fede. Sulle sue orme l’Ordine Trinitario nell’amore e culto della SS. Ma Trinità, si propone di esercitare il proprio apostolato verso tutti, ma in maniera particolare verso i reietti della società, quali i carcerati, gli alcoolisti, i ritardati e simili, sia tra i cristiani che nelle terre degli infedeli.
Professandoci sempre figli ubbidientissimi della Chiesa, riputiamo nostro privilegio lavorare e soffrire per il suo trionfo e per il suo Capo Visibile.
In unione con tutti i membri dell’Ordine Trinitario mi è di gioia dichiararmi
Roma 24, aprile 1969
Della Santità Vostra ubb.mo e dev.mo figlio
P. Michele Tardone O.SS.T.
Ministro Generale
S. Santità Paolo VI
Santo Città del Vaticano
Cfr. AOSST VII/11 (1969-70) 788-789
Rev.mo Padre Michele Tardone
Ministro Generale dell’Ordine della Santissima Trinità – ROMA
SEGRETERIA DI STATO
N. 136914
Dal Vaticano, 16 maggio 1969
Rev.mo Padre,
Con la devota lettera del 24 aprile scorso, la Paternità Vostra Reverendissima chiedeva a Sua santità una confortatrice Benedizione Apostolica sui lavori del Capitolo Generale Speciale dell’Ordine Trinitario, che sta per condurre a termine la revisione della propria legislazione.
La premurosa istanza della paternità Vostra è stata accolta con benevolenza dal Sommo Pontefice, il quale volentieri invia ai Religiosi Capitolari, come all’intero Ordine della SS.ma trinità, in un momento così delicato e importante della sua storia secolare, l’implorata Benedizione Apostolica, auspicando in pari tempo che l’impegno sincero di ciascuno dei convocati al Capitolo, in piena fedeltà alle norme conciliari e postconciliari, sia fecondo di quei frutti salutari che l’Istituto si attende per il sano rinnovamento della sua vita religiosa.
Profitto volentieri della circostanza per confermarmi con sensi di religioso ossequio della paternità Vostra Reverendissima.
Dev.mo nel Signore
Card. Cicognani
Cfr. AOSST VIII/6 (1974) 492-493
Poi abbiamo dei gruppi molto significativi di religiosi e di religiose. Riserviamo al primo un nostro saluto speciale; e sono questi, che qui vediamo, bianchi, bianchi anche nell’anima; sono i Trinitari, i Padri Trinitari. Ed hanno una ragione speciale di incontrarsi con Noi perché celebriamo nientemeno che il 775º anniversario dell’approvazione della loro Regola. Vedete come sono le cose della Chiesa: si misurano a secoli. E questo fatto dell’approvazione risale nientemeno che a uno dei più grandi nostri predecessori, quelli che fanno storia per tutto un periodo, a Innocenzo III, il quale approvò nel 1198 la Regola dei trinitari. Ed essi, per tutto questo tempo, l’hanno mantenuta con fedeltà alla formula che quel Papa benedisse; ed eccoli qua, pronti a rinnovarsi, a ringiovanirsi sotto la guida del Ministro Generale del loro Ordine.
Noi ci sentiamo debitori di un particolare ed affettuoso saluto a questo gruppo, non solo perché ci è sempre motivo di paterno compiacimento l’incontro con i benemeriti religiosi, ma perché i Trinitari hanno dietro di sé singolari vicende storiche: pensate quante traversie hanno passato; pensate a quali scene della civiltà, molto diverse, essi sono stati presenti: si direbbe, sono dei superstiti, dei sopravvissuti a tutte le valanghe e a tutte le tempeste della storia. Essi quindi mostrano una fedeltà che è un merito, che è l’attestazione sia della ragion d’essere di questa famiglia e sia della virtù con cui è stata vissuta questa fedeltà.
E sempre noi siamo grati a coloro i quali, come voi, vogliono esprimere con la loro visita una conferma; non siete qui soltanto per fare un atto di presenza di pura cortesia; venire davanti al papa in questo momento, vuol dire: noi siamo quelli di ieri, saremo quelli di domani. E cioè vi attestate con un atto di coscienza e di fedeltà. Questo è cosa bellissima, è cosa grande per chi conosce davvero i fatti umani e vede questa sociologia moderna, così volubile, così fiacca, così facile ad affermarsi e anche a dissolversi; mentre ci sono queste isole di uomini privilegiati, che invece restano, e sembrano quasi gli scogli contro cui le onde del mare non riescono a prevalere.
Grazie vivissime, quindi; grazie vivissime di questa vostra testimonianza di filiale pietà. E trovandoci innanzi a voi in questa solenne circostanza, vi diciamo che ci conforta il sapere che avete inteso definire meglio il compito del vostro Ordine nella Chiesa di oggi. Noi vi diremo: siate fedeli alla vostra vocazione; perché l’obiezione sorge subito: ma son case antiche, son cose di una volta, che stanno a fare i Trinitari oggi?
Avete sentito parlare, proprio oggi, cioè in questo nostro periodo, di una delle parole più di moda nel nostro ambiente, e non solo qui, ma anche in tutto il mondo: liberazione. Quanto se ne parla, bisogna liberare gli schiavi, bisogna liberare i poveri, bisogna liberare gli oppressi, bisogna liberare quelli che sono in regime colonialista, bisogna dar la coscienza all’uomo della sua pienezza, della sua libertà, e così via. Voi perché siete sorti? Siete sorti per la liberazione delle persone, delle classi, degli ambienti che non godevano libertà. E allora è segno che la vostra formula è non solo ancora superstite da tutte le maree, da tutte le tempeste della storia passata, ma si afferma, si attesta con modernità, con attualità che è degna veramente di ogni approvazione e di meraviglia per quel che voi rappresentate di storia e di passato, e di speranza e di meraviglia per ciò che voi rappresentate di attuale e di futuro; voi vi potete rimettere nel seno della società proprio con una formulazione tale da avere subito il riconoscimento e il plauso non diciamo della moda, ma dei bisogni presenti, dell’istinto presente che la società ha delle sue necessità e delle possibilità di sviluppo.
Lode, quindi, a voi che volete rendervi ognuna più atti agli impegni di questo ideale apostolico e volete viverlo nell’intimità di amore nientemeno che con la Santissima Trinità. Se noi facciamo il confronto delle devozioni, dei titoli che giustificano, che – diremmo – vogliono essere il blasone, lo stemma delle famiglie religiose, come non potremmo non riconoscere che voi avete scelto dove più non si può andare oltre, la Santissima Trinità; e quindi anche sotto questo aspetto meritate l’elogio, non solo, ma anche la sicurezza che il Signore vi proteggerà. Se poi pensiamo ai Santi da cui avete derivata la vostra esistenza, due, San Giovanni de Matha e San Felice de Valois, vediamo che siete custodi anche da questa tradizione di santità, la quale deve perpetuarsi nella vostra famiglia, anzi poiché non è univoca la vostra composizione, nelle vostre diverse famiglie religiose, che vediamo qui pure con voi presenti a celebrare questa bella ricorrenza.
Cercate di essere fedeli alla radice della vostra famiglia religiosa, di trarre da essa l’ispirazione e la ragione di comprendere il perché la Provvidenza ha suscitato e unito anime generose come voi: proprio per liberarle nel nome di Dio, nel nome della Santissima Trinità.
E vi auguriamo quindi di tornare ai vostri posti di ministero e di apostolato con rinnovato zelo e spirito di dedizione; e mentre vi assicuriamo la nostra preghiera, che sia pegno delle abbondanti grazie divine per voi e per quanti sono oggetto delle vostre sollecitudini, noi vi diamo adesso la Benedizione Apostolica, che voi attendete, e che di gran cuore estendiamo a tutto il raggio delle persone che vivono nella sfera della vostra spiritualità e della vostra attività. La nostra Benedizione, in nomine Domini.
Cfr AOSST VIII/8 (1975) 794-798
Alla presenza di migliaia di pellegrini, tra i quali folti gruppi di fedeli spagnoli, il Santo Padre canonizza i Beati Giovanni Battista della Concezione e Vincenza Maria López y Vicuña. Paolo VI, dopo il Vangelo, intesse le lodi dei novelli Santi, riassumendo il contenuto dell’allocuzione nelle principali lingue dei pellegrini.
GODE OGGI la Chiesa, lieta di registrare nell’albo dei Santi due nuovi nomi, che ella è ormai sicura di dichiarare, secondo la espressione di Gesù, “ scritti in cielo ”: sono quelli ora “ canonizzati ” del Beato Giovanni Battista della Concezione, Riformatore dell’Ordine della Santissima Trinità, vissuto dal 1561 al 1613, e della Beata Vincenza Maria López y Vicuña, Fondatrice delle Figlie di Maria Immacolata, vissuta nel secolo scorso dal 1847 al 1890. Noi tutti abbiamo gioito ascoltando poco fa la lettura dei due rispettivi Decreti, che motivando con sommarie ma decisive notizie, le ragioni del giudizio della Chiesa circa le prove ed i meriti della santità rispettiva della prima e dell’altra figura di queste persone, già onorate dalla beatificazione loro riconosciuta, hanno dato a noi la felicissima occasione di proclamare la loro canonizzazione.
La schiera dei Santi si accresce. Noi tutti dobbiamo goderne per la gloria di Dio, per l’onore del Signore nostro Gesù Cristo, per il gaudio che ne deriva alla Madre dei Santi, la Chiesa cattolica, ed in particolare alle rispettive Famiglie Religiose illustrate dall’opera e dalla virtù di questi loro Santi Patroni; e poi per l’edificazione di tutto il Popolo di Dio, che sa di poter venerare in questi suoi membri benedetti due fratelli esemplari, degni d’ammirazione e di devozione, e che confida inoltre di averli solidali ed efficaci intercessori presso l’unica fonte della nostra salvezza in virtù della comunione dei Santi, Cristo Signore.
La schiera dei Santi, tali ufficialmente dichiarati, si accresce; e, a Dio piacendo, ancora, durante quest’Anno Santo, e poi negli anni successivi, si accrescerà. Non sorga in alcuno il dubbio che questo progressivo aumento di figli eletti della Chiesa sia frutto d’una facile inflazione devozionale. Chi conosce la complessità e il rigore dei processi, che precedono tanto le Beatificazioni quanto le Canonizzazioni sa bene quanto la Chiesa sia cauta ed esigente nell’esigere le prove delle virtù di grado “ eroico ”, o possiamo dire superlativo, eminente, comprovato da inconfutabili testimonianze, analizzato con rigore critico e con metodo obiettivamente storico, anzi convalidato da due verifiche, una negativa, quella così detta del “ non culto ”, la quale assicura i giudici del processo non esservi l’influsso di qualche eventuale mistificazione popolare; e quella positiva dei miracoli, quasi come attestato trascendente d’un divino beneplacito, all’eccezionale riconoscimento della santità, che la Chiesa intende venerare nei singoli e singolari candidati agli onori degli altari. La legislazione canonica è molto grave e prudente in questa materia, e tale rimane, anche se alcune forme procedurali d’altri tempi, non poco ritualizzate e complicate, dei processi in questione, dovranno essere alquanto semplificate, pur conservando la dovuta, essenziale e inequivocabile verifica dei titoli eccezionali reclamati per l’esito positivo di ognuno di tali processi.
Ma che la schiera dei Santi si arricchisca di nuovi nomi col procedere del cammino della Chiesa nel tempo, e che noi ne siamo i fortunati testimoni deve essere motivo di gaudio e di speranza: la Chiesa vive; non invecchia, ma fiorisce; e mentre le vicende della storia spesso ne turbano il pacifico svolgimento, anzi talora ne sconvolgono e ne affliggono il suo normale cammino terreno, ella reagisce in santità, offrendo a se stessa e al mondo il conforto e l’esempio di alcuni imprevisti e tipici suoi figli, che con mirabili carismi di carità e d’altre virtù evangeliche, e doni e frutti propri del Paraclito, sostengono la fede minacciata dei popoli, e offrono al loro secolo e a quelli successivi l’inestinguibile presenza dello Spirito vivificante in seno alla santa Chiesa di Cristo.
E questa semplice riflessione, che potrebbe svolgersi in filosofia della storia ed in teologia della Chiesa pellegrina e militante, deve aprire oggi all’esultanza per le due Canonizzazioni ora felicemente celebrate; e le dia alimento e conferma qualche breve accenno biografico, anzi ortografica dei nuovi due eletti al titolo ufficiale di santità.
La figura di San Giovanni Battista della Concezione, lungi dall’essersi usurata dal trascorrere dei secoli, continua inalterata offrendo l’interezza e la freschezza della sua testimonianza di figlio della Chiesa. Giovanni Battista nacque nel 1561, in un focolare profondamente cristiano di Almodovar del Campo. Lì era nato un insigne maestro dello spirito, anch’egli canonizzato da Noi, San Giovanni de Avila. Sembra come se queste due esistenze, plasmate dallo stesso ambiente, siano state, per disegno divino, un prolungamento ininterrotto non tanto nel tempo quanto nel comune impegno riformatore: il Maestro Avila morì esattamente quando Giovanni Battista compì otto anni.
C’è un altro doto significativo e curioso: quando Giovanni Battista aveva quindici anni, una grande Santa riformatrice, Teresa di Gesù – che Noi abbiamo proclamato Dottoressa della Chiesa – va ad Almodovar ed è ospitata nella casa del futuro Santo trinitario. Questo fiorire di Santi con temperamento riformista all’inizio di una tappa postconciliare, quella di Trento, non sembra proponibile per i nostri tempi di rinascita e crescente sviluppo ecclesiale? Perché è chiaro che un determinato periodo della Chiesa non può caratterizzarsi come epoca di riforma autentica e fruttuosa, se non produce una costellazione di Santi. In occasione di queste canonizzazioni dell’Anno Giubilare, non è opportuno ricordare il V capitolo della Costituzione dogmatica Lumen Gentium, che ci parla della vocazione universale alla santità nella Chiesa? Si, ci sembra un momento favorevole per proporre a tutti i nostri collaboratori nell’evangelizzazione, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, e laici, la sfida della santità, sapendo bene che senza di essa, il rinnovamento sarà compromesso e si perderà il frutto primario e fondamentale, sia del Giubileo che del Concilio (cfr. anche Christus Dominus, 15).
Non è una mera coincidenza, insignificante, il fatto che Giovanni Battista della Concezione sia canonizzato, quasi quattro secoli dopo la sua morte, in quest’Anno Santo e nel X anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. Questo Concilio ha innescato nella Chiesa il cammino del rinnovamento. Però, di quale rinnovamento si tratta? Evidentemente non può essere un rinnovamento senza discernimento. Sono i Pastori della Chiesa quelli che, riuniti in Concilio, sotto la presidenza del successore di Pietro, hanno segnalato il senso del rinnovamento che necessita il nostro tempo. Gli attuali problemi ecclesiali, trovano soluzione nella fedeltà agli insegnamenti del Concilio, seguendo le sagge direttrici della gerarchia.
Concretamente, San Giovanni Battista della Concezione ci insegna con la sua vita, quali devono essere le disposizioni e gli atteggiamenti degli autentici riformatori; particolarmente per quanto riguarda le famiglie religiose, dato che è passato alla storia come riformatore dell’Ordine della Santissima Trinità. Il nostro Santo che veste l’abito dell’Ordine a diciannove anni, si prepara alla sua missione, consacrandosi generosamente al Signore, coltivando nell’anima la pietà eucaristica e mariana, con un desiderio grande di imitare le austerità dei Santi raccontate nel Flos Sanctorum che legge con profitto. Si impegna nello studio per ottenere una solida formazione teologica, con una base, soprattutto, sulla Sacra Scrittura e sui Santi Padri, che gli serviranno nel suo ministero di predicatore instancabile. Si ripropone di essere un religioso osservante che vuole abbracciare la regola primitiva, austera e povera dell’Ordine e, perciò, rompe decisamente con la “tirannia dei complimenti del mondo” (Obras VIII, 29). Non è questo il cammino dei Santi?
Per realizzare la riforma del suo Ordine, si dirige a Roma; la sua opera, sia in Spagna come fuori, viene sottomessa a prove tremende. Però non gli importa: “È chiaro – dice – che se ti amo, Signore, non devo desiderare in questa vita onori, né gloria, ma soffrire per il tuo amore” (Obras VIII, 128). Quando il Papa Clemente VIII approva la riforma dell’Ordine Trinitario, il nostro Santo torna in Spagna per applicare fedelmente le norme che gli aveva dato la Santa Sede. Esige dai frati che abbraccino la vita riformata, l’esatta osservanza della regola, profonda vita di preghiera, di penitenza e di povertà, sempre in un clima di gioia che non viene vanificata dall’austerità. Si mostra sempre umano e delicato nei suoi interventi; ma allo stesso tempo, fermo, retto e ubbidiente verso i suoi superiori. Ed ecco i frutti: la sua opera ha successo e le vocazioni si moltiplicano.
Quando la sua vita declina, tornano le prove e le contraddizioni; come reagire? Come fanno i Santi. Sì, con la carità; così la sua anima si purifica nel rinnovamento personale ed ascende a una più grande santità. Quando muore a Cordoba, a 51 anni, lascia nella sua opera e nei suoi scritti, un insegnamento perenne: Non c’è autentico rinnovamento ecclesiale, senza il rinnovamento interiore, senza ubbidienza, senza croce. Solo la santità produce frutti di rinnovamento! Che il Signore continui a benedire l’Ordine di San Giovanni de Matha e San Giovanni Battista della Concezione che ha come fine il culto della Santissima Trinità e l’apostolato liberatore tra i cristiani che per le loro circostanze sociali speciali, si trovano in maggior pericolo di perdere la fede. […].
Amatissimi figli:
La Chiesa strabocca oggi di gioia. La sua vitalità perenne è frutto della presenza divina. Si diffonda il canto di ringraziamento che la Chiesa dirige al Padre al Figlio e allo Spirito Santo che la guidano e l’abbelliscono costantemente, seminando Santi per le vie del mondo. Sì, rallegriamoci perché Dio ha fatto meraviglie nelle anime di San Giovanni Battista della Concezione e di Santa Vincenza Maria, le loro esistenze sulla terra, attraggono i nostri sguardi, le nostre aspirazioni di conquiste più sublimi, i nostri desideri più pressanti di trasformazione terrena e trascendente. Siano rese grazie alla Santa Trinità dall’intimo dei nostri cuori.
Ci auguriamo che questo canto di gioia si traducesse adesso in un fervente messaggio augurale per tutta la Spagna. Lo merita, perché nella sua secolare traiettoria ecclesiale, ci offre due nuovi testimoni della sua spirituale e religiosa fecondità, che devono servire da stimolo costante, da impegno perenne per le attuali e future generazioni. Sull’esempio dei vostri Santi, mantenetevi sempre fedeli alla Chiesa! Tutti uniti, sacerdoti, religiosi e fedeli di Spagna, continuate per il cammino dell’adesione e fedeltà al messaggio di Cristo, promuovendo con la vostra condotta, opere generose che servano alla causa del bene spirituale e del progresso sociale della vostra patria. Questa è la nostra speranza, questi sono i nostri auspici, che in questo giorno luminoso raccomandiamo in modo particolare a San Giovanni Battista della Concezione e a Santa Vincenza Maria López y Vicuña, a gloria di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
SALUTO DEL PAPA AI PELLEGRINI
“Cari figli e figlie (di lingua francese): rallegratevi con noi in questo giorno in cui la Chiesa iscrive ufficialmente tra i Santi, un sacerdote dell’Ordine dei Trinitari, padre Giovanni Battista della Concezione, e suor Vincenza Maria López y Vicuña, fondatrice delle Religiose di Maria Immacolata. Grazie a questa santità, la Chiesa si riforma dall’interno e irradia carità. Questa santità è già di per sé il riflesso dell’amore che procede dal Padre, per il Figlio, nello Spirito. Sì, la nostra lode si dirige prima di tutto alla Santissima Trinità. Benedetto sia il Dio tre volte Santo!
Oggi è la solennità della Santissima Trinità e abbiamo due nuovi Santi. Cari figli e figlie (di lingua inglese): oggi è un giorno gioioso per tutta la Chiesa di Dio. Proponendo questi Santi alla venerazione dei credenti, benediciamo e glorifichiamo i meriti di nostro Signore Gesù Cristo. La sua grazia – e solo la sua grazia – ha fatto loro raggiungere la santità. Adoriamo e rendiamo grazie alla Santissima Trinità, la cui vita si riflette in quella dei Santi. Che la nostra preghiera risuoni oggi in tutta la Chiesa: Benedetto sia Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo! Benedetto sia Dio nei suoi Santi!
Cari figli e figlie (di lingua tedesca), celebriamo oggi la festa della Santissima Trinità, solennizzata con la canonizzazione di due nuovi Santi: San Giovanni Battista dell’Immacolata Concezione, riformatore dell’Ordine dei Trinitari, e Santa Vincenza Maria López y Vicuña, fondatrice. Lodiamo e benediciamo pieni di gratitudine, Dio uno e trino, che con abbondanza ha effuso la sua grazia nella vita di questi due Santi per la benedizione degli uomini, loro fratelli, e di tutta la Chiesa. Che per la loro potente intercessione e seguendo il loro esempio facciamo anche della nostra vita una glorificazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
In questa Eucaristia invitiamo tutti i presenti di lingua portoghese a rallegrarsi: perché Dio, Trinità Santissima, ci ha chiamato a partecipare, alla santità, della loro vita divina; e mediante i Santi ora canonizzati ci chiama al rinnovamento luminoso e fedele in Cristo, con l’amore generoso, abnegato e fraterno. Mentre salutiamo e benediciamo cordialmente tutti in questo Anno Santo di riconciliazione, tutti coloro che sono assetati di un ideale, giovani, ragazze, adulti, famiglie cristiane, vi diciamo: vivete il messaggio di questo giorno radioso”.
Cfr. AOSST VIII/8 (1975) 800-801
Fratelli, avete avvertito che oggi, festa di Dio, a noi svelato nel mistero primario e adorabile della Santissima Trinità, abbiamo celebrato due canonizzazioni, cioè dichiarati Santi, immagini umane ma luminose e pure della divinità, e degne di ammirazione, di venerazione, tipi esemplari per noi e fratelli ausiliari nel regno di Cristo, cioè abbiamo elevato all’onore degli altari il Beato Giovanni Battista della Concezione, riformatore dell’Ordine dei Religiosi Trinitari, e insieme (sebbene vissuta tre secoli dopo), la Beata Vincenza Maria Lopez y Vicuña, fondatrice d’una famiglia religiosa dedicata specialmente all’assistenza delle ausiliatrici domestiche? Festa perciò oggi nella Chiesa in cielo e festa in terra, per noi.
Perché questa nostra scena terrena, che oggi sembra impegnata a documentarsi con i misfatti della delinquenza e con le vicende e le minacce di nuovi conflitti e di nuove guerre, diventa bella e gloriosa per fenomeni singolari di santità. Il mondo ancora fiorisce di bellezza, di bontà, di pietà, di carità. Dobbiamo godere e sperare. E dobbiamo ricordare ciò che il Vangelo ci insegna (siate perfetti …Matth. 5, 48. 567) e che il Concilio ci ha ripetuto con tanta chiarezza ed autorità: che tutti, tutti noi che siamo cristiani, siamo chiamati alla santità, cioè ad una perfezione che la grazia rende obbligatoria e possibile. È la santità la prima e vera forza riformatrice e rinnovatrice del mondo; ed è programma per tutti, per ciascuno secondo le vie aperte dalla bontà del Signore e dalla comunione con la nostra santa Chiesa. Presiede, insegna ed aiuta la Madonna, la Madre e la Regina dei Santi.
Cfr. AOSST VIII/8 (1975) 803
SEGRETERIA DI STATO
N. 278.206/A
Dal Vaticano 11 giugno 1975
Reverendissimo Padre,
Nel giorno che ha riempito di santa letizia la Famiglia dei Trinitari per la canonizzazione del Beato Giovanni Battista della Concezione Ella ha presentato al santo Padre, anche a nome dell’Ordine, un grato indirizzo di devota fedeltà, accompagnato da generosi propositi, da fervide preghiere e da un cortese obolo.
Sua Santità desidera che giunga a Lei e ai suoi Confratelli l’espressione della Sua viva riconoscenza per questa così apprezzata manifestazione di bontà filiale; e volentieri coglie l’occasione per rivolgere ancora una volta all’Ordine Trinitario, ricco di tanti meriti, la Sua parola di benevolenza, di incoraggiamento e di augurio per un avvenire di nuovi splendori di virtù evangelica.
Tali sentimenti il Sommo Pontefice avvalora con la Sua preghiera, mentre imparte cordialmente a Lei e ai membri e alle attività di codesta Famiglia Religiosa l’implorata confortatrice Benedizione Apostolica.
Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio,
della Paternità Vostra dev.mo nel Signore
G. Card. Villot
Rev.mo Padre
Ignacio Vizcargüenaga
Ministro Generale dei Trinitari
cfr. AOSST X/4 (1983) 464
Beatissimo Padre,
l’Ordine Trinitario, riunito in Capitolo per il rinnovo del governo generale e per l’approvazione definitiva delle Costituzioni, rivolge il suo pensiero di devozione e ubbidienza alla Santità Vostra, ed esprime il vivo desiderio di essere ricevuto in udienza speciale in questo momento di particolare importanza, che segna per la storia dell’istituto un nuovo cammino di vita.
Nel rinnovato spirito di liberazione, alla luce del Concilio e leggendo i segni dei tempi, l’Ordine della SS.ma Trinità vuole continuare il suo cammino, lungo già di circa otto secoli, donandosi con umiltà e fervore alla Chiesa, nella fedeltà al proprio spirito di speciale consacrazione alla SS.ma Trinità e al carisma di redenzione a servizio dei perseguitati a causa della fede e dei fratelli più poveri ed emarginati.
Al termine del Capitolo, previsto per il 30 giugno, i Padri Capitolari portando nel cuore la Sua immagine e la Sua parola e confortati dalla Sua benedizione ricca dei doni del Giubileo della Redenzione, ritorneranno nei paesi di origine per lavorare con maggiore alacrità nei vari campi di Apostolato e potranno compartecipare ai fratelli la gioia della paterna accoglienza della Santità Vostra.
Fiducioso nel benevolo accoglimento della presente supplica, chiedo per me, per i miei fratelli Capitolari e per tutta la famiglia Trinitaria, l’apostolica benedizione.
Roma, 1º giugno 1983
Umilissimo nel Signore
P. José Gamarra, O.SS.T.
Ministro Generale
A Sua Santità
Papa Giovanni Paolo II
CITTÀ DEL VATICANO
Cfr. AOSST X/4 (1983) 463
Rivolgendo la parola ai Pellegrini di lingua italiana, dopo l’Omelia consueta del mercoledì, il Santo Padre ha iniziato dicendo:
“Rivolgo innanzitutto il mio saluto ai Religiosi Trinitari, che partecipano al loro Capitolo Generale.
Cari Fratelli, voi rappresentate un Ordine di antica fondazione, nato sotto il segno di una particolare dedizione nel riscattare i prigionieri cristiani dai pagani. So che in questi ultimi anni l’Ordine si è impegnato a ridefinire il suo proprio spirito e la sua missione apostolica. Ma il vostro intento originario e primario non può venir meno, se considerate che sempre l’uomo si trova variamente prigioniero di sopraffazioni altrui, di miti ideologici, di proprie debolezze. Ebbene, all’uomo di oggi e di sempre voi dovete annunciare, come l’Apostolo Paolo, che “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” e che non dobbiamo ricadere “sotto il giogo della schiavitù” (Gal. 5, 1). Se poi lo fate interiormente animati dalla luce e dalla forza della Santissima Trinità, come non pensare che la vostra testimonianza sia efficace e la vostra consacrazione ricca di frutti?
Abbiate perciò il mio incoraggiamento, l’assicurazione della mia stima e del mio ricordo al Signore, mentre di cuore benedico voi tutti e i vostri Confratelli”.
Cfr. AOSST X/5 (1984) 559-560
Oggi la Chiesa esprime, con le parole del Libro della Sapienza, l’amore con il quale Dio abbraccia tutto il creato…
(Questo) amore di Dio verso tutto il creato trova la sua particolare espressione nella santificazione dell’uomo. La Chiesa, oggi gioisce proprio per questo, cioè perché tre suoi figli, collaborando con la Grazia di Dio, hanno percorso la via che conduce alla santità.
La seconda figura ecclesiale elevata oggi agli altari, il religioso trinitario Domenico Iturrate Zubero, nacque in terra di Spagna, nei Paesi Baschi. La sua breve esistenza, di appena ventisei anni, contiene un ricco messaggio che si concretizza nella tensione costante verso la santità. In questo cammino vi sono alcune caratteristiche peculiari che desidero passare in rassegna sinteticamente.
Il compimento fedele della volontà di Dio è una meta che raggiunse vertici altissimi, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Per questo, nel 1922 scriverà nelle sue note spirituali: “La nostra conformità con la volontà divina dev’essere totale, senza riserve e costante”. Animato da questo spirito, e con il consenso del suo direttore spirituale, fece voto di “far sempre ciò che sapeva essere massimamente perfetto” proponendosi inoltre “di non negare niente a Dio Nostro Signore, ma di seguire in tutto le sue sante ispirazioni, con generosità e gioia”.
Come religioso trinitario, fece in modo di vivere secondo le due grandi direttive della spiritualità del suo ordine: il mistero della Santissima Trinità e l’opera della Redenzione, che in lui si fece esperienza di viva carità. E in quanto sacerdote, ebbe una chiara immagine della sua identità di “mediatore tra Dio e gli uomini”, o “rappresentante del Sacerdote eterno, Cristo”. Tutto ciò lo portava a vivere ogni Eucaristia come un atto di immolazione personale, unito alla Vittima Suprema, in favore degli uomini.
Non meno notevole fu la presenza di Maria nella traiettoria spirituale del nuovo Beato. Dall’infanzia fino alla morte. Una devozione che egli visse con una grande intensità e che fece in modo di trasmettere sempre agli altri, convinto com’era di “quanto buono e sicuro è questo cammino: andare al Figlio per mezzo della Madre”.
Questi soli accenni ci pongono dinanzi alla forza di un modello ed esempio valido per oggi. Con la sua testimonianza di fedeltà alla chiamata interiore e di risposta generosa ad essa, Padre Domenico mostra ai nostri giorni un cammino da seguire: quello di una fedeltà ecclesiale che plasma l’identità interiore e che conduce alla santità.
Desidero ora esortare i cristiani del popolo basco nella loro lingua: “Jarrai dezaten Beato berriaren Kristogana’ko zintzotasunikasbidea”.
I Santi parlano della gloria del Regno di Dio. Proclamiamo la potenza della Redenzione di Cristo: la potenza della Croce e della Risurrezione. Sono una viva testimonianza che il Creatore e Padre ama tutte le cose esistenti (cfr. Sap. 11, 24).
Oggi desideriamo accogliere questa testimonianza nel tesoro della Santità che la Chiesa custodisce con grande venerazione e gratitudine.
Desideriamo accogliere la testimonianza dei nuovi Beati nell’anno del Giubileo straordinario, affinché l’eredità del mistero della Redenzione sia viva e vivificante per le intere generazioni del Popolo di Dio…”
Cfr. AOSST X/5 (1984) 597
L’Ordine della Santissima Trinità, che ha la sua casa principale a Roma, aderendo alle Norme del Concilio Vaticano Secondo e alle altre disposizioni della Chiesa, ha preparato con alacre lavoro il nuovo testo delle Costituzioni, che il Ministro Generale, a nome del Capitolo, ha sottoposto alla Santa Sede, pregando umilmente che fosse confermato.
Questo Sacro Dicastero per i Religiosi e gli Istituti Secolari, dopo aver sottoposto il testo a speciale esame dei Consultori, considerato il voto favorevole che il Congresso del 25 settembre scorso, ha deciso di assecondare la petizione presentata.
Pertanto, in forza del presente Decreto approva e conferma il testo allegato delle Costituzioni con i cambiamenti disposti dal medesimo Congresso, secondo l’esemplare redatto il lingua latina e conservato nel proprio archivio, osservato quanto di diritto è da osservare.
Lo stesso Sacro Dicastero desidera vivamente che i Religiosi dell’Ordine della Santissima Trinità progrediscano sempre di più nell’amore di Dio e si dedichino generosamente al servizio dei fratelli, secondo lo spirito dell’Istituto. Ciò che potranno più facilmente conseguire con l’auspicio della Beata Vergine Maria del Buon Rimedio, che essi venerano devotamente come Patrona.
Dato a Roma, Il 17 dicembre, giorno nel quale si celebra il Transito di San Giovanni de Matha, Fondatore dell’Ordine, e si commemora l’approvazione della Regola concessa da Innocenzo III, anno del Signore 1984.
Fr. J. Hamer, o.p.
Pro Pref.
V Fagiolo.
Segr.
Cfr. AOSST X/5 (1984) 599-601
Beatissimo Padre,
Con la presente, mi permetto di dirigermi, per la prima volta come Ministro Generale dell’Ordine della SS. Trinità, a Sua Santità – cosa che faccio rispettosamente e con fiducia filiale -, per offrirLe una semplice informazione che spero sarà di Suo gradimento, e per implorare, allo stesso tempo, la Sua Benedizione e consiglio.
Il nostro Ordine è stato approvato, con la Regola propria, dal Papa Innocenzo III nel 1198; e fin dalle sue origini, è stato chiamato “Ordo Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum”. Trinità e redenzione sono i due assi della nostra spiritualità. Mediante la professione dei consigli evangelici, ci consacriamo in modo peculiare alla Santissima Trinità e ci impegniamo ad essere fedeli al nostro carisma redentivo.
A dire il vero, i trinitari si sono dedicati sempre, nel corso della storia, alle opere di misericordia e, per diversi secoli, anche alla sua opera caratteristica, la redenzione degli “schiavi che, a causa della loro fede in Cristo, sono incarcerati tra i pagani” (Regola primitiva, 2). Per il nostro Fondatore, San Giovanni de Matha, questa finalità era così prioritaria, da stabilire che la terza parte dei beni, qualunque fosse la loro provenienza, doveva essere riservato integralmente a tale opera redentiva (Ibid.)
Ci proponiamo di dedicare un’attenzione preferenziale ai nostri fratelli che soffrono a causa della loro fede.
Attualmente, lavoriamo in parecchi luoghi come cappellani delle carceri e degli ospedali e anche in centri di accoglienza e di rieducazione di bambini abbandonati, handicappati, drogati, alcolisti, ecc. Ma ultimamente l’Ordine, senza abbandonare queste opere come neanche le missioni in Madagascar e Papua Nuova Guinea, sta iniziando a dedicare una attenzione speciale ai nostri fratelli discriminati o perseguitati a causa della loro fede.
Questo apostolato non ci è nuovo, ma ci siamo riproposti di dargli maggiore slancio in tutto l’Ordine. A ciò hanno contribuito due fattori principali:
1. L’insistenza con cui Sua Santità ci esorta affinché ci sentiamo tutti più solidali con questi nostri fratelli la cui libertà religiosa non è rispettata, ma, al contrario, arbitrariamente e crudelmente calpestata; e a collaborare per “rompere la cospirazione del silenzio” che si concretizza nella denuncia della violazione di detta sacra libertà.
2. La legislazione rinnovata dell’Ordine, la cui approvazione definitiva da parte della Sacra Congregazione, come ci è stato comunicato, arriverà a breve. Nel numero 5 delle Costituzioni si stabilisce che, in linea di continuità con il passato e seguendo le nuove circostanze dei tempi attuali, i trinitari, in conformità con le esigenze del loro carisma, si dedicheranno in primo luogo, “illis hominibus qui persecutionem propter Christum patiuntur vel quorum fides christiana in discrimine versatur aut impeditur”.
Verso un piano concreto di attuazione
Le linee principali di questo piano sono le seguenti:
1. Lavorare all’interno dell’Ordine perché i religiosi, prima di tutto, acquisiscano un’informazione adeguata che li aiuti a sensibilizzarsi sempre di più. Fare lo stesso nei vari settori della Famiglia Trinitaria: Monache di Clausura o contemplative, i diversi Istituti trinitari di vita apostolica e tutti i gruppi del Laicato specialmente vincolato all’Ordine.
2. Promuovere incontri e giornate al fine che anche gli altri – sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli in generale – siano debitamente informati e si interessino dei loro fratelli in difficoltà per confessare la propria fede.
3. Insistere molto nella preghiera, comunitaria ed individuale, e conseguire aiuti materiali per canalizzarli e utilizzarli nel miglior modo possibile. Siamo particolarmente attenti a cooperare all’invio della sacra Bibbia, tradotta e anche di alcuni documenti pontifici.
Voglio precisare, Santo Padre, che un po’ di tutto ciò, ha avuto già inizio, e certamente l’accoglienza che riscontriamo in vari luoghi è molto positiva.
Siamo coscienti che il nostro Ordine è molto ridotto numericamente e dotato di mezzi modesti; ma noi trinitari siamo decisi ad essere coerenti, nei quasi venti paesi dove lavoriamo, con una delle esigenze che stimiamo tra le più importanti del nostro carisma. Sappiamo inoltre che così rispondiamo ad uno dei grandi aneli di Sua Santità, e questo ci rallegra e anima. Siamo certi, d’altra parte, che la Santissima Vergine – che veneriamo nell’Ordine, come Patrona principale, col il titolo del BUON RIMEDIO – ci aiuterà in ogni momento e situazione.
Osiamo proporre a Sua Santità, con semplicità e fiducia, un desiderio
Santo Padre, ciò detto, oso esprimere un desiderio, condiviso anche dal Consiglio Generale; ci sembra che, soprattutto nel momento attuale, una parola di Sua Santità diretta all’Ordine, confermandoci in questa linea ed esortandoci alla fedeltà e all’impegno, supporrebbe un sostegno molto grande per quanti stanno cercando di far sentire questa preoccupazione; sarebbe anche di stimolo per tutti i nostri fratelli religiosi, accomunati dalla vocazione; costituirebbe inoltre, una forte chiamata per gli altri settori della Famiglia Trinitaria, anche un mezzo molto efficace per aprirci più facilmente la strada in gruppi, parrocchie e centri, con il fine di ravvivare la loro coscienza, risvegliare i loro interessi e ottenere il loro aiuto.
Mi resta solo di implorare a Sua Santità una Benedizione speciale in favore dell’Ordine e di tutti gli Istituti e istituzioni che partecipano dello stesso spirito e carisma trinitario-redentore di san Giovanni de Matha. Da parte nostra, sempre in stretta comunione con la Sede Apostolica – come ci insegnano i nostri santi Fondatori e il Riformatore – e gioiosamente ubbidienti a quanto è stabilito, continueremo a pregare sinceramente la Santissima Trinità per Sua Santità e per il suo ministero apostolico.
Roma, 23.10.1984
P. José Gamarra, O.SS.T.
Ministro Generale
Cfr. AOSST X/5 (1984) 598
SEGRETERIA DI STATO
N. 142.489
Vaticano, 20 novembre 1984
Stimato nel Signore:
Con la festa del 23 ottobre u.s. Lei ha diretto una piacevole lettera al Santo Padre nella quale, manifestandogli i sentimenti di devozione filiale a nome dei membri dell’Ordine Trinitario, espone alcuni temi riguardanti il lavoro apostolico e caritatevole svolto dallo stesso Istituto.
A questo proposito, mi compiaccio nell’informarla che Sua Santità ha conosciuto con gioia e incoraggia la decisione dei Padri Trinitari di promuovere – in conformità con il proprio carisma – l’apostolato in favore di quegli uomini “qui persecutionem patiuntur vel quorum fides christiana in discrimine versatur aut impeditur” (Costituzioni, n. 5).
È consolante il fatto da Lei indicato che dove si è iniziato questo tipo di apostolato, i frutti sono promettenti. Voglia Dio che le linee di attuazione che l’Ordine si è proposto, siano validi strumenti per ottenere le mete desiderate. Come pegno del costante aiuto divino in questo cammino, il Sommo Pontefice imparte a tutti i membri della Famiglia Trinitaria la sua cordiale Benedizione Apostolica.
Profitto con gioia dell’opportunità per reiterarle i sentimenti di sincera e devota stima nel Signore.
E. Martínez S., Sost.
Rev.mo Padre José Gamarra, O.SS.T.
Ministro Generale dei Trinitari
Via Massimi 144/C
00136 Roma
Cfr. AOSST XI/4 supplemento (1988) 28-29
1. “Lo spirito del Signore è su di me” (Is. 61, 1)
Torniamo a queste parole di Isaia, che parlano della missione del Messia.
Proprio a queste parole Geremia fece riferimento a Nazareth il giorno in cui, compiuti i trent’anni, iniziava il suo servizio messianico in Israele. “Il Padre l’ha mandato” a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio (questo giorno sarà il Giorno del Sacrificio per i peccati di tutto il mondo) per consolare tutti gli afflitti (Is. 61, 1-2).
Tutto Questo Gesù ha cominciato a “fare” e ad “insegnare” (cfr. At 1, 1), annunciando la Buona Novella, e preparando al tempo stesso i discepoli al giorno del suo Sacrificio pasquale.
È venuto pieno di potenza da Dio. Dio l’ha unto con il suo Spirito. La profezia messianica di Isaia si è compiuta agli occhi di quella generazione, alla quale fu dato di vedere le opere e di ascoltare le parole di Gesù di Nazareth.
2. E perciò la gente correva a lui. Correvano non soltanto i figli e le figlie di Israele, ma anche gli stranieri, come per esempio i Greci di cui parla il Vangelo di oggi.
“Vogliamo vedere Gesù” (Gv. 12, 21).
Essi sollecitano la mediazione degli apostoli per poter vedere Gesù. E allora Gesù dà agli Apostoli una risposta, a primo aspetto, strana. Dice: “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo” (Gv 12, 33). Si potrebbe pensare che quella “glorificazione” si riferisca alla fama umana, di cui Cristo cominciava a essere circondato tra i suoi e anche tra i forestieri. Tuttavia Gesù, continuando a parlare fa capire che intende riferirsi non a una fama umana, ma alla morte. Gesù parla della sua morte, utilizzando la parabola del grano: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv. 12, 24).
L’esaltazione di Cristo Messia di Dio, avviene proprio in questa morte che porta frutto: nella Morte vivificante. Quest’esaltazione appartiene al Mistero pasquale, che a tempo opportuno si compirà su Cristo, in Cristo e per mezzo di Cristo.
3. Il Mistero pasquale, che costituisce lo zenit della missione messianica di Gesù di Nazareth, rimane il “paradigma” centrale del messaggio evangelico.
Gesù dice: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 25).
E continua: “Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà” (Gv 12, 26).
Ecco il “paradigma” evangelico della vocazione alla santità.
L’odierna liturgia ci ricorda queste parole perché alla loro luce possiamo guardare i due candidati, che oggi vengono elevati agli onori degli altari mediante la canonizzazione:
Simon de Rojas e Rose Philippine Duchesne.
« Se uno mi serve, il Padre lo onorerà”.
4. Il mistero pasquale, paradigma della vocazione alla santità, costituì il centro della vita di Fra Simone de Rojas, esimio religioso dell’Ordine della Santissima Trinità, che oggi è elevato agli onori degli altari. Egli fece sue le parole di Cristo che abbiamo ascoltato nella lettura evangelica: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 25).
San Simone de Rojas ha dato pieno senso alla sua vita, come cristiano e come sacerdote, nella contemplazione del mistero del Dio Amore.
Fedele al carisma redentore e misericordioso del suo Ordine, “Padre Rojas” – come era chiamato familiarmente dalla gente – fu molto sensibile ad ogni necessità del prossimo, specialmente dei più poveri ed emarginati, così come dei cristiani schiavi a causa della loro fede. I poveri, da parte loro, vedevano in lui il loro protettore, difensore e padre. Vedevano il lui tanta semplicità e tanta testimonianza tangibile di povertà, che lo vedevano come uno di loro, totalmente assimilato alle loro pene e necessità.
Lavorò instancabilmente perché la “Congregazione degli Schiavi del Dolcissimo Nome di Maria”, da lui fondata, intensificasse sempre più la sua proiezione caritativo-sociale. I suoi membri, laici in grande maggioranza, si impegnavano a condividere i propri beni e ad aiutare i poveri.
Richiamava molto l’attenzione, l’infaticabile zelo sacerdotale del nuovo Santo. Ma la sua vigorosa e continua attività apostolica non fu di ostacolo per la sua vita di preghiera contemplativa, alla quale dedicava “ampi spazi di tempo del giorno e ancor più di notte, dopo la recita corale di mezzanotte”.
5. Un aspetto che è obbligatorio sottolineare nel nostro Santo è, senza dubbio, il singolarissimo e fiducioso amore che, dalla sua infanzia, ebbe per la Vergine Maria. Questa intensa vita mariana, è stata sempre in costante aumento in lui. Da religioso e sacerdote, non si stancava di propagarla con tutti i mezzi a sua disposizione e inculcarla a tutte quelle persone con cui si relazionava. Un modo suo di vivere e diffondere questa devozione era la “schiavitù” o dono filiale di se stesso alla Madre di Dio. Ripeteva senza interruzioni l’invocazione e il saluto “Ave Maria”; tanto che, frequentemente, era chiamato affettuosamente, il “Padre Ave Maria”. Divulgò moltissimo la recita del santo rosario.
In effetti, il nuovo Santo è per noi un modello vicino e provvidenziale di vita mariana. Esprimeva perfettamente la sua volontà di appartenere a Maria con una delle sue suppliche preferite: “Che io sia, Signora, tutto Tuo, e nulla temerò”. La Provvidenza ha disposto che la sua canonizzazione sia l’ultima di questo Anno Mariano. È come se ci chiedesse e insistesse perché accogliamo con gioia e riconoscimento il messaggio che tante volte ha ripetuto il nuovo santo: “Non fare né pensare nulla che non sia in omaggio a Nostra Signora”.
San Simone de Rojas apparí alla società del suo tempo come un uomo particolarmente unto e pieno di Spirito Santo, docilissimo alle sue ispirazioni e profondamente evangelico in tutti gli aspetti della sua esistenza: come un altro Cristo!
ALLOCUZIONE ALL’ANGELUS
Con sommo piacere saluto adesso i numerosi pellegrini presenti qui per la Canonizzazione del Beato Simone de Rojas. In modo particolare, saluto i Religiosi e le Religiose dell’Ordine Trinitario provenienti dai diversi paesi, di Europa, America e Asia, così come i fedeli venuti dall’Arcidiocesi di Valladolid, città natale del nuovo Santo.
Carissimi: imitiamo San Simone de Rojas nel suo amore puro per la Vergine Maria e anche nelle sue cure e attenzioni ai fratelli più poveri e bisognosi di calore umano.
Certo della sua intercessione, imparto a voi e alle vostre famiglie, la mia Benedizione Apostolica.
Cfr. AOSST XI/4 supplemento (1988) 31
Amatissimi fratelli e sorelle:
Nella nostra solenne celebrazione di ieri, la Chiesa ha intonato un canto di giubilo e di lode al Signore proclamando Santo, Fra Simone de Rojas, membro illustre dell’Ordine della Santissima Trinità, fondato da San Giovanni de Matha, che sta per celebrare quasi ottocento anni di vita.
Per assistere alla canonizzazione di questo sacerdote di Valladolid, gloria dell’amata Spagna, terra di santi, voi siete venuti a Roma, centro della cattolicità, proveniendo da vari paesi europei, così come anche dal Canada, dall’America Latina, dal Madagascar, dall’India e da Papua Nuova Guinea. A tutti formulo di cuore il mio cordiale benvenuto: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli.
Il mio saluto particolare si dirige alla grande Famiglia Trinitaria, qui rappresentata da molte persone che, con la loro peculiare consacrazione e dedizione a Dio e alla Chiesa, rendono vivo e attuale il carisma dell’Ordine Trinitario nel mondo di oggi.
In questa circostanza, desidero incoraggiarvi per un rinnovato impegno nella vostra fedeltà alle esigenze che comporta la vostra particolare consacrazione alla Trinità Santissima e alla missione liberatrice e misericordiosa che ha caratterizzato la vostra spiritualità e apostolato.
Seguendo l’esempio di San Simone de Rojas, fate delle vostre vite un canto di lode al Padre, in Cristo Redentore, animati dalla forza dello Spirito. Che la preghiera, il rapporto sereno e intimo con Dio, sia la fonte da cui promani questo servizio redentore e misericordioso che distingue i membri della Famiglia Trinitaria. Coltivate come il “Padre Ave Maria”, la vostra devozione mariana, trovando nella Vergine un modello e uno stimolo nel modo di intendere e di vivere la vostra vocazione e consacrazione. Impegnatevi con vero spirito evangelico nel servizio agli uomini più bisognosi, ai poveri, agli “schiavi” del nostro tempo “a causa della loro fede in Cristo”, come dice la vostra Regola primitiva.
Il nuovo Santo deve essere per ciascuno di voi testimone eccezionale di preghiera, di vita mariana, di esistenza unita all’amore per Dio e per il prossimo.
Non vorrei concludere queste parole senza raccomandarvi un compito che sono certo che farete con piacere: portate il saluto affettuoso del Papa alle Religiose Trinitarie di clausura, che non hanno potuto partecipare alle nostre celebrazioni, quantunque certamente sono state molto unite nello spirito e nella preghiera.
A tutti i partecipanti e alle vostre rispettive famiglie, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Cfr. AOSST XI/5 (1989) 683-684
Santo Padre,
Vogliamo ringraziare anzitutto Vostra Santità per essersi degnata di ricevere noi, religiosi trinitari, riuniti in Capitolo Generale.
Siamo i figli di San Giovanni de Matha, Fondatore dell’Ordine della SS. Trinità, 1198 e di San Giovanni Battista della Concezione, Riformatore dello stesso Ordine, 1599.
È questo un momento molto importante per noi, perché ci avviamo alla celebrazione dell’Ottavo Centenario dell’Approvazione della Regola e il Quarto Centenario della Riforma, da parte di due Suoi predecessori, rispettivamente: il Papa Innocenzo III e Clemente VIII.
L’Ordine sta facendo, in vista di questi Centenari, un programma di rinnovamento e di interiorizzazione nel nostro stile di vita evangelico e nell’attività apostolica. Vorremmo che questo programma di proiezione verso il futuro venisse incontro alle schiavitù della nostra epoca e fosse, allo stesso tempo, in una linea di continuità con il nostro passato e con questo periodo post-conciliare.
Un passato di servizio alla Chiesa in conformità con il nostro carisma redentivo-misericordioso; una dimensione questa che, come ci ricordano le nostre Costituzioni, vuol essere espressione della nostra peculiare consacrazione alla Trinità Santissima, “fonte prima, modello perfettissimo e fine ultimo della carità redentiva verso il prossimo” (n. 36).
Animati da questo spirito e benedetti dal Signore con vocazioni in diverse parti, cerchiamo di essere presenti in nuovi paesi in via di sviluppo e in terre di Missione, dove è particolarmente urgente il servizio di evangelizzazione e di promozione sociale, oltre che di solidarietà con i fratelli maggiormente discriminati o perseguitati a causa della loro fede in Cristo o del loro impegno per il Vangelo.
Questa nostra missione è condivisa da diversi gruppi che integrano la Famiglia trinitaria, a cominciare dall’Ordine e man mano tutti gli altri, secondo la propria peculiarità: monasteri di clausura, Consacrate di vita eremitica, Istituti Femminili di vita apostolica, Secolari Consacrati e associazioni Laicali.
Una missione che detta Famiglia, presente in 28 nazioni dei cinque continenti, cerca di mettere in pratica, anche se alle volte con mezzi modesti, fedele sempre alla Consegna plurisecolare: Gloria a Dio Trinità e agli Schiavi, libertà.
Santo Padre, La ringraziamo di nuovo per averci accolti alla Sua presenza. Le ripromettiamo piena e incondizionata fedeltà nello spirito dell’Ordine, che fin dalle origini ha sentito fortemente la comunione con il Vicario di Cristo. La ringraziamo in anticipo per il messaggio che vorrà affidarci e per la paterna e apostolica benedizione.
Cfr. AOSST XI/5 (1989) 678-681
Carissimi Fratelli dell’Ordine della SS.ma Trinità!
Vi accolgo e saluto con molto piacere; durante i lavori del vostro Capitolo Generale, avete voluto venire in questa Casa per ricevere l’approvazione e l’incoraggiamento del Papa.
Ringrazio prima di tutto il Ministro Generale José Gamarra per le parole che ha indirizzato e gli auguro ogni buon successo nell’adempimento del delicato incarico che gli è stato confermato dalla fiducia dei Confratelli; lo stesso cordiale augurio rivolgo ai nuovi Consiglieri, chiamati a coadiuvare il Superiore maggiore nel governo dell’Ordine.
1. Per ogni Istituto religioso il Capitolo Generale, oltre che un incontro di fraternità, è sempre un importante momento di riflessione e di ricarica spirituale. Anche voi, riuniti in Capitolo Generale, avete avuto il vostro momento di grazia e di azione dello Spirito Santo, che vi ha guidato nell’elezione dei Superiori per il prossimo sessennio e nella elaborazione del programma che offre a tutti voi, e agli affiliati spirituali dell’Ordine, strumenti adeguati per l’approfondimento delle esigenze e dei postulati del vostro carisma trinitario-redentivo, così da essere in condizione di rispondere sempre e meglio alle attese della Chiesa e della società contemporanea.
Sono certo che dall’importante riunione sono scaturite conclusioni positive che, tradotte in decisioni concrete, costituiranno un punto di riferimento necessario e vincolante per tutti i Trinitari, fino al prossimo Capitolo Generale. E non dubito che proprio voi sarete i primi testimoni di questa indispensabile fedeltà alle definizioni capitolari, perché il Capitolo non rimanga soltanto un fatto consegnato alla storia e privo di fecondità spirituale.
2. Tuttavia, nel momento in cui state per ritornare ai vostri paesi di origine per continuare il vostro apostolato, mi sia consentito di ricordarvi che, sebbene sia cessato da tempo lo scopo iniziale dell’Ordine Trinitario, il quale per cinque secoli scrisse pagine gloriose nel campo della redenzione degli schiavi, non verrà mai meno la vostra specifica funzione di missionari del mistero Trinitario fra le anime, purtroppo sempre soggette a divenire schiave del peccato.
Voi vi dedicate, infatti, alle varie forme di apostolato sacerdotale, sia in pratica che nei paesi di missione, ma soprattutto alla promozione del culto della SS. Trinità, Verità fondamentale della Rivelazione di Cristo. Tutta l’esistenza cristiana, infatti, consiste nella partecipazione lla vita trinitaria di Dio: il Padre manda il Figlio a redimere l’uomo dal peccato e a santificarlo nello Spirito Santo. Inoltre la SS. Trinità è il centro della liturgia della Chiesa come della preghiera privata dei semplici fedeli.
3. Perciò la vostra missione s’identifica con la missione stessa della Chiesa, che è quella di salvare le anime dalla schiavitù del peccato, indirizzando gli uomini alla conoscenza del Dio Uno e Trino e all’osservanza della sua legge. E la vostra presenza fra gli uomini sarà tanto più efficace, in tal senso, quanto più riuscirete a far rivivere nel nostro secolo lo spirito dei vostri Fondatori, San Giovanni de Matha e San Felice de Valois, i quali, nella loro eroica generosità, non si sottrassero ai sacrifici e alle austerità più grandi per portare le anime a Dio.
Per fortuna è continuata nell’Ordine Trinitario questa impronta di carità senza limiti, come testimoniano anche la recente beatificazione del B. Simone de Rojas, che ho avuto la gioia di elevare alla gloria suprema degli altari. Una funzione così santa ed efficace deve continuare per il bene della Chiesa e per la salvezza delle anime.
Siate fieri della vostra vocazione di missionari della SS. Trinità, inviati a richiamare gli uomini, con la parola e con l’esempio di una vita santa, alla preminenza assoluta dei valori che sgorgano dall’ineffabile Mistero, che proietta nella esistenza cristiana pienezza di luce e di vita.
4. La verità della SS. Trinità, come ho già accennato, è strettamente legata alla rivelazione compiuta da Cristo nella sua missione redentrice: è Gesù Cristo che ci ha rivelato la unicità di Dio nelle tre Persone divine. L’esistenza del Primo Principio, essere assoluto e Causa di tutti gli enti esistenti, può e deve essere dimostrata e raggiunta dalla ragione umana, riflettendo sui principi fondamentali che reggono e governano l’universo. Ma la conoscenza della vita trinitaria di Dio, e cioè della sua “comunione di Amore”, si può avere soltanto ascoltando ed accogliendo il messaggio di Cristo, il Verbo incarnato, il Logos venuto tra noi per parlarci di Dio come “Padre”, e per rivelarci chiaramente l’Amore reciproco tra il Padre e il Figlio, da lui qualificato come “Spirito Paraclito”.
In effetti, non è possibile conoscere, mare, adorare la SS. Trinità, se non si accetta l’intera Rivelazione portata da Cristo! Di qui la necessità di una catechesi chiara, completa, convincente, formatrice delle intelligenze e delle volontà, che faccia conoscere a fondo “la verità tutta intera” (Gv 16, 13), l’autentico significato della vita alla luce di Dio, la sua volontà sia riguardo al culto sia riguardo al comportamento morale; una catechesi collegata col Mistero perenne e ineffabile della Chiesa. È necessario che l’uomo del nostro tempo riscopra Dio, non il Dio dei filosofi ma dei cristiani, il Dio vicino a noi, che abita in noi e ci ama. Ma come si potrà scoprirlo, se non vi sarà chi ne sappia annunciare l’Amore misericordioso con costante impegno della testimonianza personale di fedeltà, di fervore, di santità?
Grande è la responsabilità della Chiesa intera in questa opera di evangelizzazione, e grande è perciò anche la vostra responsabilità, carissimi Trinitari, specialmente in questi nostri tempi di contrasti ideologici.
Proprio qui sta la dignità del cristiano; è perciò la vostra gloria e la vostra gioia: annunziare le meraviglie di Dio, che, mediante la “grazia” battesimale, ha preso possesso di noi, e sarà il motivo e la realtà della nostra eterna fedeltà nel Cielo!
I vostri santi Fondatori, nelle peripezie della loro vita e nei disagi del loro ardente apostolato, sempre invocavano Maria Santissima e procedevano con coraggio indomito, perché si sentivano protetti dalla Madre celeste! Sia così anche per voi! Andate avanti nel vostro ministero di verità e di carità nel nome di maria, la Vergine totalmente donata a Dio trinità, e annunziate l’Amore del padre, la Redenzione di Cristo, la consolazione dello Spirito santo, la trinità beata che ci ha creati, ci attende e ci perdona!
E vi accompagni anche la mia Benedizione, che di gran cuore imparto a voi Capitolari, e che estendo a tutti i Confratelli.
Cfr. AOSST XII/1 (1990) 3-4
Trinitari e affiliati dei Trinitari come terzo Ordine e Istituto Secolare, voi portate nella vostra storia e anche nella vostra contemporaneità, nella vostra presenza, una grande testimonianza della fede. Voi siete, in qualche modo, testimoni del mistero della vita divina. La Santissima Trinità ci spiega come Dio è uno e come, essendo uno, è Amore.
Senza la Trinità, ciò non si capisce. Non basta proclamare l’unicità di Dio, il monoteismo; bisogna andare oltre questo mistero, e questo mistero Dio stesso ce l’ha rivelato. La vera rivelazione di Dio è questa. È Dio ha parlato di se stesso per noi.
Qui tocchiamo un altro aspetto del Trinitarismo: il dono. Dio è dono, è come dono di se stesso. Il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dà al padre. Tutti e due si danno e si ricevono nello Spirito santo. Questo è un mistero imprescrutabile, ma, insondabile, ma, d’altra parte, fondamentale. Voi portate nella vostra tradizione trinitaria anche questa testimonianza di dono. Siete stati creati, istituiti dai vostri fondatori, per essere dono per gli altri, anzi per dare voi stessi per gli altri.
Oggi questa schiavitù musulmana, almeno per ora, sembra non esistere, ma ci sono altre schiavitù in cui si trova l’uomo. Questa schiavitù è un appello all’uomo che si dona. Non c’è altra soluzione. Chiama uno che si dona. Chiama Cristo, perché lui è il primo che si dona: si dona e ci dona lo Spirito Santo nella sua donazione, grazie alla sua donazione. Ma, con Cristo, ci devono essere altri pronti a darsi, a donarsi. E questa è la vostra vocazione. Non è sorpassata; è contemporanea, forse ancora di più che nei tempi dei vostri fondatori, quando si doveva dare se stessi per salvare gli schiavi della prigionia musulmana. Oggi ci vuole forse ancora una maggiore donazione di se stessi per liberare i nostri contemporanei, i nostri fratelli e le nostre sorelle dalle diverse schiavitù.
Cfr. “L’osservatore Romano”, 25-26 aprile 1995. pp. 4-5
“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (GV 10, 11).
Cristo offre la vita sulla croce per amore dell’uomo e, pur morendo, rimane il Signore della propria vita e della propria morte. Risorgendo il terzo giorno, manifesta la vita che è nata dalla morte e dopo la risurrezione entra nel Cenacolo per trasmettere la vita. Siamo così resi anche noi partecipi del suo Mistero pasquale.
Oggi desideriamo venerare in modo particolare coloro che hanno avuto parte alla morte di Cristo e alla risurrezione… Isidoro Bankaja, Gianna Beretta Molla ed ELISABETTA CANORI MORA… La fede eroica rende testimonianza alla verità che è Cristo. L’eroica sollecitudine rende testimonianza all’amore che non indietreggia davanti ad alcun sacrificio. È questo l’amore con cui Cristo ci ha amato.
Innalziamo oggi agli onori degli altari… due donne italiane: Gianna Beretta Molla ed Elisabetta Canori Mora. Donne d’eroico amore. Ambedue spose e madri esemplari, impegnate a testimoniare nella vita quotidiana i valori esigenti del Vangelo.
Elisabetta Canori Mora.. in mezzo a non poche difficoltà coniugali dimostrò una totale fedeltà all’impegno assunto con il sacramento del matrimonio e alle responsabilità da esso derivanti. Costante nella preghiera e nell’eroica dedizione alla famiglia, seppe educare cristianamente le figlie ed ottenne la conversione del marito.
Additando queste due donne come modelli di cristiana perfezione, desideriamo rendere omaggio a tutte le madri coraggiose, che si dedicano senza riserve alla propria famiglia, che soffrono nel dare alla luce i propri figli, e sono poi pronte ad intraprendere ogni fatica, ad affrontare ogni sacrificio, per trasmettere loro quanto di meglio esse custodiscono in sé.
La maternità può essere fonte di gioia, ma può diventare pure sorgente di sofferenze, e talvolta di grandi delusioni. In questo caso, l’amore diviene una prova, non di rado eroica, che costa tanto al cuore di una madre. Oggi vogliamo venerare non soltanto queste due donne eccezionali, ma anche quelle che non risparmiano alcuna fatica per educare i propri figli.
Come è straordinaria a volte la loro partecipazione alla sollecitudine del Buon Pastore! Quanto devono lottare contro le difficoltà e i pericoli! Quante volte sono chiamate ad affrontare autentici “lupi”, decisi a portar via e a disperdere il gregge! E non sempre queste madri eroiche trovano sostegno nel loro ambiente. Anzi, i modelli di civiltà, spesso promossi e propagati dai mezzi di comunicazione, non favoriscono la maternità. Nel nome del progresso e della modernità vengono presentati come ormai superati i valori della fedeltà, della castità, del sacrificio, nei quali si sono distinte e continuano a distinguersi schiere di spose e di madri cristiane.
Succede così che una donna decisa ad essere coerente con i propri principi si sente spesso profondamente sola. Sola con il suo amore che non può tradire, e a cui deve rimanere fedele. Il suo principio-guida è Cristo, che ha rivelato quale amore ci viene elargito dal Padre. Una donna che crede a Cristo trova un potente sostegno proprio in tale amore che tutto sopporta. È un amore che le permette di ritenere che quanto fa per un figlio concepito, nato, adolescente o adulto lo fa allo stesso tempo per il figlio di Dio. Come afferma S. Giovanni: “Siamo stati chiamati figli di Dio: e lo siamo realmente” (1 Gv 3, 1)…
Vi ringraziamo, madri eroiche, per il vostro amore invincibile! Vi ringraziamo per l’intrepida fiducia in Dio e nel suo amore. Vi ringraziamo per il sacrificio della vostra vita. Cristo nel Mistero pasquale vi restituisce il dono che gli avete fatto. Egli infatti ha il potere di restituirvi la vita che gli avete portato in offerta.
Cfr. “L’Osservatore Romano”, 25-26 aprile 1994, p. 7
Nel corso della festosa celebrazione di ieri, abbiamo reso gloria alla Santissima Trinità per i nuovi Beati…Molti di voi, per partecipare a così solenne rito liturgico, son venuti da lontano… La vostra presenza rende testimonianza della vitalità della Chiesa nel mondo contemporaneo…
L’altra donna, ieri elevata agli onori degli altari, è Elisabetta Canori Mora, morta qui a Roma nel 1825, ove era nata e vissuta amando e servendo il Signore con l’eroismo della santità. Una fede calda e una eccezionale esperienza mistica la sostennero nelle tante difficoltà incontrate sia nella vita matrimoniale che nell’educazione delle due figlie. La sua forza fu in ogni momento la preghiera. Pagò e sofferse per la conversione del marito Cristoforo, che, dopo la sua morte, si fece frate minore conventuale, addormentandosi santamente nel Signore.
Elisabetta visse come Terziaria dell’Ordine Secolare Trinitario la sua vocazione di posa e di madre… con la consapevolezza di dover manifestare nel proprio stato piena fedeltà a Dio, rispettandone sempre i comandamenti. La sua testimonianza costituisce così un valido modello per gli sposi cristiani. Nel ricordo della nuova Beata il mio pensiero va particolarmente all’Ordine Trinitario ed a quanti ispirano la loro esistenza al luminoso esempio di questa fedele testimone del Vangelo.
… La vita dei nuovi Beati è un richiamo per tutti alla coerenza e alla responsabilità. La loro intercessione ottenga a ciascuno di vivere nella fedeltà alla propria vocazione, corrispondendo generosamente alla grazia del Cristo Risorto!
Originale in AOSST XIII (1998) 447-449
1. Il benemerito Ordine dei Trinitari ricorda quest’anno l’VIII centenario dell’approvazione della propria Regola di vita. Fu infatti nel 1198 che, con la Bolla «Operante divinae dispositionis clementia» del 17 dicembre, il mio Predecessore Innocenzo III, accogliendo di buon grado i desideri di fra’ Giovanni de Matha, confermava il documento fondamentale che istituiva nella Chiesa una Fraternità, con lo scopo di riscattare quanti si trovavano incarcerati a causa della fede in Cristo.
Mi unisco volentieri alla gioia di tutti voi per questa felice ricorrenza. Saluto innanzi tutto Lei, reverendissimo Ministro Generale, e, mentre rinnovo l’espressione dell’apprezzamento della Santa Sede per l’attività apostolica svolta da codesto Ordine e dall’intera Famiglia Trinitaria, formulo a’augurio che l’evento giubilare sia per tutti coloro che seguono le orme di S. Giovanni de Matha motivo ed occasione per una rinnovata fedeltà al proprio carisma, abbeverandosi alle fresche fonti della spiritualità delle origini.
2. Questa fausta celebrazione giubilare si inscrive provvidenzialmente nel cammino di immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000, che commemorerà l’incarnazione del Figlio di Dio, venuto «a portare i lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,1-2).
Il vostro Ordine ha fatto della liberazione degli oppressi e dell’amore per i poveri un tratto qualificante della propria missione nella Chiesa e nel mondo, seguendo fedelmente il Santo Fondatore che, obbedendo ad un’interiore chiamata, si sentì spinto ad operare per la salvezza degli schiavi cristiani e per il servizio umile e generoso dei poveri come testimonianza di lode e gloria alla Santissima Trinità.
Con l’Ordine Trinitario la cristianità instaurò un contatto umanitario con il mondo dell’Islam; anzi lo stesso Innocenzo III presentò l’opera redentiva e liberatrice del vostro Istituto ai capi del mondo musulmano, inaugurando così un dialogo che aveva come oggetto la pratica delle opere di misericordia (cfr Arch. Vat., Reg. Vat., vol 4, fol. 148r-v, an. II. n. 9).
A distanza di otto secoli, un così singolare carisma continua a proporsi come straordinariamente attuale nell’odierno contesto sociale multiculturale, segnato da tensioni e sfide a volte anche drammatiche. Esso impegna i Trinitari ad individuare con coraggio e audacia missionaria vie sempre nuove di evangelizzazione e di promozione umana, così come fece Giovanni de Matha lungo il corso della sua esistenza.
Egli «cercava incessantemente la volontà di Dio». Durante la sua prima Santa Messa, al momento della consacrazione, ebbe in visione il Cristo Redentore che teneva tra le sue mani due schiavi )l’uno bianco, l’altro di colore) ai quali offriva la libertà redentrice. Ciò accadeva nell’anno 1193. L’evento, fissato in un artistico mosaico intorno all’anno 1210, è tutt’ora visibile sul portale della casa di San Tommaso in Formis, donata da Innocenzo III allo stesso Fondatore. Da questa divina ispirazione scaturì in lui il desiderio di occuparsi degli schiavi.
Per riflettere sulla rivelazione e maturare il suo progetto, fra’ giovanni si ritirò nella solitudine di Cerfroid, dove incontrò Felice de Valois ed altri eremiti. Con il loro aiuto e quello dei Vescovi di Meaux e di Parigi e dell’Abate di San Vittore, elaborò e sperimentò la Regola Trinitaria, che nel 1198 sottomise all’approvazione del Successore di Pietro.
3. La Santissima Trinità sorgente, modello e fine dell’intera esistenza: ecco il cuore della vostra spiritualità. La vostra Regola inizia, in effetti, con le parole «Nel nome della Santa ed indivisa Trinità», sottolineando come la fede in questo fondamentale Mistero pervada l’intera esistenza di chi, come il vostro Fondatore, sceglie di seguire radicalmente il Figlio di Dio. Da questa sorgente inesauribile di amore scaturisce la vostra missione a favore degli schiavi e dei poveri, che voi, ben a ragione, vivete come un prolungamento dell’azione redentrice di Cristo.
La contemplazione dei misteri della Trinità e della Redenzione alimenta ed orienta il vostro ministero apostolico, spingendovi a condividere ogni dono ricevuto, spirituale e materiale, fino a fare della vita un’oblazione d’amore per il riscatto delle vittime di ogni schiavitù materiale e spirituale.
Possa ogni vostra casa ed ogni vostra opera essere un cenacolo di lode al Dio Uno e Trini ed una fucina di gratuita donazione ai fratelli.
4. La storia plurisecolare dell’Ordine testimonia che la vostra è una missione sempre attuale, pur nel mutare delle situazioni sociali e politiche. Gli esempi di santità e di martirio, che arrichiscono la vostra Famiglia religiosa, sono la riprova della validità del vostro carisma. È compito degli attuali discepoli di san Giovanni de Matha e di Felice di Valois farsi annunciatori nel nostro mondo del Mistero Trinitario soccorrendo, quali moderni apostoli di liberazione per l’uomo contemporaneo, chi rischia di rimanere prigioniero di meno visibili ma non meno tragiche ed oppressive schiavitù.
Siamo alle vigilia di un nuovo millennio cristiano: questa prospettiva costituisca un ulteriore incoraggiamento per voi a far risplendere tra gli uomini di oggi il volto misericordioso di Dio, rivelatoci nell’incarnazione di Cristo. Sarete così difensori strenui della dignità d’ogni essere umano. A questo vostro compito si unisca l’intera Famiglia dei Trinitari nelle sue diverse componenti )Monache, Suore, Istituto Secolare, Ordine Secolare, Laicato) traducendo in concreto impegno ecclesiale la riflessione sullo specifico carisma Trinitario, sviluppata in questi anni alla luce del Concilio Vaticano II.
Essere tra gli uomini d’oggi epifania del Cristo Redentore, testimoni credibili attraverso i quali Dio agisce e rivela il suo amore misericordioso e redentivo: ecco ancora la vostra missione. Con questo scopo voi prestate un servizio di misericordia e di redenzione agli esclusi e oppressi della nostra società e, in particolar modo, ai perseguitati o discriminati a causa della loro fede religiosa, della fedeltà alla loro coscienza o ai valori del Vangelo. La vostra azione sarà efficace nella misura in cui seguirete le orme di Gesù, facendone vostro lo stile di vita nel costante impegno di annunciare ad ogni uomo la lieta e liberante «notizia» del Regno.
5. Reverendissimo Ministro Generale, i discepoli di San Giovanni de Matha negli otto secoli trascorsi hanno sintetizzato la loro spiritualità e la loro azione apostolica nel moto: Gloria Tibi Trinitas et captivis libertas. Nei complessi scenari della società contemporanea questo motto continui a guidare il vostro ministero e la vostra attività. Vi sostenga una costante e fervida preghiera, grazie alla quale possiate attingere alle inesauribili riserve di luce e di amore presenti negli abissi insondabili della vita Trinitaria.
Vi sia accanto la Vergine Maria, Tabernacolo della Santissima Trinità, ed impetri al suo Divin Figlio abbondanti grazie e consolazioni spirituali per ogni membro della vostra grande Famiglia spirituale.
Con tali sentimenti, assicuro per ciascuno il mio affettuoso ricordo preso l’altare del Signore e a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 7 giugno, Solennità della Santissima Trinità, dell’anno 1998, ventesimo di Pontificato.
Originale in AOSST XIII (1999) 601-602
Paenitentiaria Apostolica – Prot. N. 4/99/I
Beatissime Pater,
Joseph Hernández Sánchez, Minister Generalis Ordinis Sanctissimae Trinitatis, filiales sensus sive suos personales sive totius suae Religiosae Familiae Sanctitati Tuae aperit, oboedientiam spondens et Apostolicam navitatem Trinitariorum humiliter offerens, cui quidem devotionis professioni et ministeriales exercitationis promissioni felicem praebet occasionem mox complendus octavus saecularis dies ab Ordine per Sanctum Ioannem de Matha condito et pariter quartus a peracta Instituti reformatione ope Sancti Ioannis Baptistae a Conceptione.
Ordo porro universus et fideles, qui eiusdem charisma varie participant, faustam hanc memoriam recolentes, Trinitatis Augustae velut vocem persentiunt, exhortantis ut tota eorum vita, ad Evangelii regulam conformata, Deo fiat sacrificium, cui soli debetur omnis honor et gloria; et Beatissimae Virginis )quam sub invocatione a Remedio magno venerantur affectu) intercessionem invocant ut sancta haec proposita Filio Suo commendet. Facilius vero et promptiore animo ad haec sese Orator et Religiosi aliique fideles illi commissi disponent, si Sanctitas Tua eorum pietatis officia Indulgentiae dono ditare dignabitur, tempore decurrente a die 28 ianuarii ad diem 17 decembris currentis anni.
Et Deus, etc.
Dies 14 ianuarii 1999
Paenitentiaria Apostolica, de speciali Summi Pontificis mandato, libenter concedit Plenariam Indulgentiam, excluso affectu erga quodcumque peccatum et sub suetis conditionibus (sacramentali confessione, eucharistica communione et oratione ad mentem Summi Pontificis) lucrandam christifidelibus, supradicto tempore, in omnibus ecclesiis praefecto Ordini pertinentibus necnon in pago v.d. Cerfroid, ubi Ordo fundatus est, in religiosa domo Salmanticensi Sancto Ioanni de Matha dicatae ubi corpus eius pia veneratione honoratur atque in domo conventuali eiusdem Ordinis Cordubae, in Hispania, ubi asservatur corpus Sancti Ioannis Baptistae a Conceptione, si cui sacrae functioni devote adstiterint, vel saltem Orationem Dominicam ac Fidei Symbolum recitaverint: 1. die qua centenariae celebrationes sollemniter claudentur; 2. in liturgica Sollemnitate Sanctissimae Trinitatis, diebus liturgicis Beatae Mariae Virginis a Remedio, Ordinis Patronae Principalis atque Sanctae Agnetis, Patronae Ordinis aeque Principalis, Sancti Ioannis de Matha, Ordinis Fundatoris, Sancti Felicis de Valois, Ordinis Cofundatoris, Sancti Ioannis Baptistae a Conceptione, Ordinis Reformatoris; 3. semel, die a singulis fidelibus libere eligendo; 4. quoties illuc turmatim devotionis causa peregrinati fuerit.
Contrariis quibuslibet minime obstantibus.
+Aloisius De Magistris, P. Ioannes Vella,
Regens. Off.
Originale in AOSST XIII (1999) 609-611
1. PAROLE DI SALUTO DAL P. MINISTRO GENERALE DELL’ORDINE AL SANTO PADRE
Beatissimo Padre,
Siamo qui, noi tutti della Famiglia Trinitaria, rappresentata nelle sue varie componenti, per presentare a Vostra Santità l’omaggio filiale di devozione e di obbedienza, es esprimerle, insieme, dal profondo del cuore, sentimenti sinceri di assoluta adesione alla Sede Apostolica e agli insegnamenti di Vostra Santità.
Questa udienza che Vostra Santità ci ha benevolmente concesso, ci offre un’occasione speciale per ringraziarla, ancora una volta, per il dono prezioso della Lettera che ci ha inviato in occasione dell’VIII centenario della Regola Trinitaria.
La Sua parola ci ha riportato nel cuore della genuina spiritualità e avvincente missione del progetto Trinitario di san Giovanni de Matha, rinnovando fervore di vita e producendo frutti abbondanti di rinnovamento nei membri di tutta la Famiglia Trinitaria.
Abbiamo terminato da qualche giorno il Capitolo Generale straordinario e la Sua venerata Lettera è stata al centro della riflessione, riferimento costante e luminoso nel rilancio del carisma, sostengo e conforto nelle nuove vie di liberazione che ci proponiamo nel terzo millennio.
Stiamo celebrando l’Assemblea internazionale della nostra Famiglia e le Sue parole entrano nel cuore dei partecipanti provocando entusiasmo e propositi generosi di donazione alle sorelle e fratelli oppressi dalle molteplici odierne schiavitù ed oppressioni.
Il cammino di preparazione al Grande Giubileo, proposto nella sua espressione trinitaria, e la glorificazione della Trinità Santissima che riempirà come inno di lode, di adorazione e ringraziamento i giorni del 2000, ci riempiono di gioia e di riconoscenza perché, fedeli alla nostra vocazione di Trinitari e Trinitarie, ci sentiamo spronati a vivere sempre più nel cuore della Chiesa, nella luce del nostro carisma che ci richiama costantemente ai Misteri della Trinità e della Redenzione.
Ci benedica, Santità, con tutti i rinnovati propositi che portiamo nel cuore, estenda la Sua benedizione a tutti i membri della Famiglia Trinitaria sparsi nel mondo, e la Sua Benedizione sia caparra sicura che tutte le nostre case, le nostre opere, religiose, religiosi, consacrate secolari, laicato nelle sue varie espressioni, siano veramente « proprietà della Trinità ».
2. DISCORSO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
Très chers frères et soeurs!
Avec ces voeux, je vous donne de tout coeur, ainsi qu’à tous les membres de la Famille trinitaire, une Bénédiction apostolique spéciale.
Parole di Giovanni Paolo II ai partecipanti all’Assemblea internazionale dell’Ordine della Santissima Trinità, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 26 agosto ’99, nel cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Sono lieto di incontrarmi con voi in una circostanza così significativa com’è questa: voi celebrate quest’anno l’VIII centenario di fondazione dell’Ordine della Santissima Trinità e il IV della sua riforma. Opportunamente, pertanto, la Famiglia Trinitaria, che affonda le sue radici nel progetto del Fondatore san Giovanni de Matha e vive dello stesso carisma, ha pensato di raccogliersi in « Assemblea Generale » per riflettere insieme sui comuni problemi e sulle possibili soluzioni alle soglie del nuovo millennio.
Saluto il Ministro Generale dell’Ordine, e lo ringrazio per le gentili parole rivoltemi. Con lui saluto i responsabili e le responsabili dei vari Istituti facenti parte della Famiglia Trinitaria, come pure i religiosi, le religiose ed i laici convenuti per questa Assemblea da ogni parte del mondo. Essa costituisce un momento particolarmente propizio per intensificare il cammino di fedeltà al dono dello Spirito ricevuto dal Fondatore, e per inserirvi più vitalmente nel rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II, così da poter rispondere alle esigenze e alle interpellanze del mondo di oggi.
Impegno al servizio del riscatto della persona umana
2. Nel corso di otto secoli, attraverso molteplici vicende storiche, la Famiglia Trinitaria, animata e vivificata dal carisma originario centrato sulla glorificazione della Trinità e sulla dedizione alla redenzione dell’uomo, si è sviluppata e propagata nella Chiesa e nel mondo mediante la fioritura di vari Istituti e di diverse Associazioni laicali. I singoli organismi si riconoscono nel nome della Trinità, alla quale sono consacrati in modo speciale, ed in san Giovanni de Matha, che venerano quale Padre comune. Tutti partecipano allo stesso carisma di glorificazione della Trinità e di impegno per la redenzione dell’uomo, dedicandosi a opere di carità e di liberazione a favore dei poveri e degli schiavi del nostro tempo.
Oggi la Famiglia Trinitaria è composta oltre che da religiosi, anche da religiose di vita sia contemplativa che attiva. Queste ultime si articolano in diverse Congregazioni: vi sono le Suore Trinitarie di Valence, di Roma, di Valencia, di Madrid, di Mallorca, di Siviglia. Si aggiungono, inoltre, l’Istituto Secolare delle Oblate Trinitarie e l’Ordine Secolare Trinitario, insieme con Confraternite e numerose Associazioni del Laicato Trinitario, che testimoniano nel mondo la dimensione secolare dello spirito trinitario.
A tutti rinnovo l’esortazione a vivere con generosa fedeltà il carisma originario, che conserva una straordinaria attualità nel mondo d’oggi. L’uomo contemporaneo ha bisogno di sentirsi annunciare la salvezza nel nome della Trinità Santissima e di essere salvaguardato da catene non meno pericolose, perché meno appariscenti, di quelle d’un tempo. La Famiglia Trinitaria farà bene, pertanto, a mettersi in ascolto delle implorazioni che salgono dalle vittime delle moderne forme di schiavitù, per trovare vie concrete di risposta alle loro attese accorate. Vi sostengono nella vostra riflessione e nel vostro impegno i tanti fratelli e sorelle che vi hanno preceduto e vi hanno lasciato esempi luminosi di virtù e di santità nell’attuazione dello stesso carisma: religiosi, religiose e laici i cui nomi, spesso imporporati di sangue, sono scritti nell’albo dei santi e vivono nella testimonianza della tradizione Trinitaria.
Solidarietà Internazionale Trinitaria
3. Nella luce di questa eroica testimonianza, voi volete approntare progetti concreti con i quali introdurvi nel nuovo millennio. In particolare, avete pensato di istituire un organismo internazionale della Famiglia Trinitaria, mediante il quale poter intervenire più efficacemente a difesa dei perseguitati o discriminati a causa della fede religiosa e della fedeltà alla loro coscienza o ai valori del Vangelo. Avete dato al nuovo organismo il nome di « Solidarietà Internazionale Trinitaria », intendendo coinvolgere l’intera Famiglia nel servizio verso tanti sofferenti e sventurati, che nella loro miseria sospirano verso una « epifania » del Cristo Redentore.
Un altro progetto molto significativo è quello di una nuova fondazione nel Sudan, che avete programmato come espressione della missione redentrice e misericordiosa propria dell’Ordine. L’iniziativa si propone, insieme con l’apostolato missionario e di liberazione, il dialogo interreligioso tra Cristianesimo ed Islam, secondo le indicazioni date dal Concilio Vaticano II e riprese e sviluppate in successivi documenti del Magistero.
Testimonianza di unità e carità
4. Il Grande Giubileo dell’Incarnazione costituisce per tutta la Famiglia Trinitaria uno stimolo ulteriore ad approfondire la meditazione del Mistero Trinitario, nel quale essa ravvisa il cuore della propria spiritualità. Attingendo a quella inesauribile Sorgente, essa non mancherà di impegnarsi nello sviluppo di tutte le potenzialità della consacrazione Trinitaria, arricchendola di nuova pienezza. Da questa esperienza Trinitaria fortemente vissuta fluirà un rinnovato impegno di liberazione nei confronti di ogni forma di oppressione.
Il Capitolo Generale straordinario, concluso in questi giorni, ha posto al centro della vostra riflessione il tema della Domus Trinitatis et Captivorum. Nello spirito originale del progetto di san Giovanni de Matha meritevole di valorizzazione anche ai nostri giorni in tale Domus deve regnare il dinamismo dell’amore, che ha la sua fonte nel mistero Trinitario e che si estende verso i privilegiati di Dio: schiavi e poveri. Lo Spirito del Padre e del Figlio, che è amore, vi sospinge a farvi dono di amore per gli altri. L’unità e la carità saranno la migliore testimonianza della vostra vocazione Trinitaria nella Chiesa.
La Vergine Santissima, che da secoli quotidianamente invocate con la bella preghiera: « Ave, Filia Dei Patris, Ave, Mater Dei Filii, Ave, Sponsa Spiritus Sancti, Sacrarium Sanctissimae Trinitatis », vi introduca sempre più nella contemplazione saporosa del Mistero e vi aiuti a vivere i giorni del Grande Giubileo come tempo di rinnovata speranza e di sereno giubilo nello spirito.
Con questi auspici, di cuore imparto a voi ed a tutti i componenti della Famiglia Trinitaria una speciale Benedizione Apostolica.
Originale in AOSST XIII (2000) 763
CONGREGATIO PRO INSTITUTIS VITAE CONSECRATAE ET SOCIETATIBUS VITAE APOSTOLICAE
Prot. n. T. 78-1/2000
DECRETO
Il Procuratore Generale dell’Ordine della Santissima Trinità ha presentato all’approvazione della Sede Apostolica il testo del Progetto di Vita del Laicato Trinitario, per le varie Associazioni pubbliche del Laicato del medesimo Ordine.
Questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, dopo aver attentamente esaminato il Progetto di Vita del Laicato Trinitario, con il presente Decreto approva e conferma il medesimo testo redatto in lingua italiana, che si conserva nel suo archivio.
Nonostante qualunque disposizione in contrario.
Dal Vaticano, 15 novembre 2000.
Eduardo Card. Martínez Somalo
Prefetto
+Piergiorgio Silvano Nesti, C.P.
Segretario
Très chers frères de l’Ordre de la Très Sainte Trinité!
1. Je suis heureux de vous rencontrer à l’occasion du Chapitre général de votre Institut. Il s’agit d’un événement de grâce qui constitue un puissant rappel à retourner à vos racines, à approfondir votre charisme spécifique, en tentant de discerner les moyens les plus adaptés de le vivre dans le contexte socio-culturel actuel.
Je salue le Ministre général, le Père José Hernández Sánchez, qui a été reconfirmé dans sa fonction, ainsi que les membres de son Conseil et les délégués à l’Assemblée capitulaire. J’adresse également une pensée cordiale à tous les Trinitaires qui accomplissent leur apostolat généreux dans diverses nations. Au cours de ces jours d’intenses travaux d’Assemblée, vous réfléchissez sur le thème: « Vivre ce que nous sommes ». Fidèles au charisme trinitaire-rédempteur, vous voulez maintenir vivant et actif l’enseignement de votre Règle, dont vous avez commémoré il y a trois ans le VIIIème centenaire de l’approbation. En cette circonstance, j’ai voulu moi aussi m’unir à votre joie commune, en vous envoyant un Message, dans lequel je rappelais que votre charisme est « extraordinairement actuel dans le contexte social multiculturel d’aujourd’hui, marqué par des tensions et des défis parfois dramatiques. Il engage les Trinitaires à trouver avec courage et audace missionnaire des voies toujours nouvelles d’évangélisation et de promotion humaine » (Lettre du 17 juin 1998, cf. ORLF n. 36 du 6 septembre 1998).
2. Votre spiritualité, qui tire sa vigueur du mystère de la Trinité et de la Rédemption, n’a pas cessé de vous pousser au service des prisonniers et des pauvres, au cours de votre longue histoire, marquée par de nombreux exemples de sainteté. Parmi les membres de votre Ordre, figurent de courageux témoins du Christ, dont certains ont confirmé leur fidélité à l’Evangile à travers le martyre. Votre spiritualité vous place au coeur du message chrétien: l’amour de Dieu le Père qui embrasse chaque homme à travers la Rédemption du Christ, dans le don permanent de l’Esprit Saint.
Très chers amis, préservez cet inestimable patrimoine spirituel. Que les paroles du Christ résonnent dans votre esprit: « Duc in altum! » (Lc 5, 4). J’ai voulu les rappeler dans la récente Lettre apostolique Novo millennio ineunte, afin qu’elles constituent un avertissement et une invitation pour tous les baptisés, à l’aube du troisième millénaire. Oui, avancez en eau profonde, jetez les filets au nom du Christ. « Vivez » avec passion ce que vous « êtes », en vous ouvrant avec confiance à l’avenir. A une époque marquée par une « culture du vide » préoccupante et par des existences « privées de sens », vous êtes appelés à annoncer sans compromis le Dieu trinitaire, le Dieu qui entend le cri des opprimés et des affligés. Qu’au centre et à la racine de votre engagement apostolique, figure toujours la Très Sainte Trinité. Que la communion trinitaire soit pour tous et pour chacun la source, le modèle et la fin de toute action pastorale.
3. L’Eglise compte sur vous! Oeuvrez en union avec le Christ, « révélateur du nom du véritable Dieu, glorificateur du Père et Rédempteur de l’homme » (Constitutions de l’Ordre trinitaire, n. 2). Il est le Rédempteur; en Lui, vous pouvez être « trinitaires » et « rédempteurs », participant à la charité rédemptrice qui jaillit de son Coeur miséricordieux. Vivre ce que vous êtes vous conduit à réaffirmer la fidélité au patrimoine spirituel de votre Fondateur, saint Jean de Matha. Revenez souvent sur son exemple et son enseignement. Vous êtes appelés à poursuivre sa mission, valide aujourd’hui comme hier, car elle tend à annoncer et à témoigner du Christ, mort et ressuscité pour le salut de tous les hommes.
Une importante perspective missionnaire s’ouvre devant vous. N’ayez pas peur de consacrer toutes vos énergies au Christ, que vous devez « connaître, aimer, imiter, pour vivre en lui la vie trinitaire et pour transformer avec lui l’histoire » (Novo millennio inente, n. 29). La sainteté est un devoir essentiel pour votre Famille religieuse et pour chacun de ses membres. Ce n’est que si vous êtes saints, que vous accomplirez le service que l’Eglise et le Pape attendent de vous. D’une façon spéciale, vous êtes des modèles de vie trinitaire intense, comme vous le demande l’identité de votre vocation, dans la mesure où vous êtes consacrés de façon particulière à la Très Sainte Trinité pour la rédemption des hommes – identité exprimée par l’antique devise: Gloria tibi Trinitas et captivis libertas. Telle est votre mission; telle est la plus grande contribution que vous puissiez apporter à la nouvelle évangélisation, à travers un service apostolique en faveur des plus pauvres.
4. Des perspectives fécondes s’ouvrent devant vous, même si les difficultés et les obstacles ne manquent pas. Ayez confiance dans le Seigneur et n’hésitez pas à accepter les défis du moment historique que nous vivons. Je vous rappelle que l’effort prioritaire de chacune de vos communautés consiste à être un cénacle de louange à Dieu Un et Trine et un foyer de don gratuit aux frères (cf. Lettre aux Trinitaires, n. 3; cf. ORLF n. 36 du 8 septembre 1998). En vous répétant cette exhortation, que je vous ai adressée il y a trois ans, je vous encourage à embrasser dans la charité chaque homme, sans distinction, à rechercher courageusement, avec une liberté prophétique et un sage discernement, des voies nouvelles afin que vous puissiez être des présences vivantes dans l’Eglise, en communion avec le Pape et en collaboration avec les Evêques.
En regardant les vastes horizons de la nouvelle évangélisation, ressort avec force l’urgence de proclamer et de témoigner du message évangélique à tous, sans distinction. Combien de personnes attendent encore de connaître Jésus et son Evangile! Combien de situations d’injustice, de difficultés morales et matérielles sont présentes dans tant de parties de la terre! La mission est urgente et la contribution de chacun indispensable. Une contribution qui exige le soutien d’une prière incessante et fervente. Ce n’est qu’ainsi qu’elle peut être en mesure d’indiquer aux autres le chemin pour rencontrer le Christ et pour le suivre fidèlement. C’est ce qu’ont fait votre fondateur, saint Jean de Matha, et votre réformateur, saint Jean-Baptiste de la Concepcíon, sur les traces desquels vous entendez marcher fidèlement. Tel est le témoignage offert par tant de vos confrères, qui ont servi l’Eglise dans les domaines les plus divers, souvent dans des situations difficiles. Comme eux, devenez également de fidèles disciples du Christ et des ouvriers généreux de l’Evangile, avec une confiance constante et un élan apostolique renouvelé.
Que la Très Sainte Vierge Marie, que vous vénérez dans votre Ordre sous le beau titre de Notre-Dame du bon remède, vous protège et vous guide sur le chemin vers la sainteté, en portant à terme tous vos projets de bien.
Avec ces voeux, je vous bénis avec affection, tandis que j’assure de mon souvenir dans la prière chacun de vous, ainsi que tous ceux que vous rencontrez dans le cadre de votre ministère apostolique quotidien.
DISCOURS DU PAPE FRANÇOIS
AUX PARTICIPANTS AU CHAPITRE GÉNÉRAL
DE L’ORDRE DE LA TRÈS SAINTE TRINITÉ ET DES CAPTIFS
Salle Clémentine
Samedi 15 juin 2019
Chers frères et sœurs!
Je vous accueille avec joie à l’occasion de votre chapitre général. Je remercie le supérieur qui vient d’être élu, le père Luigi Buccarello, et lui présente tous mes vœux pour son service. Avec vous, je salue tous les membres de l’ordre et de la famille trinitaire, et vos collaborateurs.
Je désire avant tout vous remercier pour votre travail dans les diverses œuvres de miséricorde, dans les écoles, dans les paroisses, dans les prisons et dans les instituts de réhabilitation et, en particulier, pour les diverses initiatives à travers lesquelles vous cherchez à soutenir les Eglises qui souffrent à cause de la foi en Christ. Je vous exhorte à marcher toujours avec «les pauvres et les esclaves» (Saint Jean-Baptiste de la Conception, Œuvres, III, 60); et que dans chaque «Maison de la Sainte Trinité» vous puissiez être témoins de Jésus, qui est venu «porter la Bonne Nouvelle aux pauvres» (Lc 4, 18).
Le thème de votre chapitre tourne autour de la pastorale des jeunes et des vocations. Un thème vital pour l’Eglise, comme l’a mis en lumière le récent synode des évêques consacré aux jeunes et sûrement aussi de grande importance pour votre ordre.
Il n’est pas facile de centrer l’objectif de cette pastorale. Le travail vocationnel, quel que soit ce travail, n’est pas du prosélytisme. C’est un point de départ: ce n’est pas du prosélytisme. Vous reconnaissez vous-mêmes, dans l’Instrumentum laboris de votre chapitre, que vous avez des difficultés de langage et de méthode pour communiquer avec le monde des jeunes. Vous sentez à juste titre la nécessité d’une formation spécifique pour la pastorale d’accompagnement et de discernement. Par ailleurs, la culture du grand vide provoquée par la pensée faible et par le relativisme qui invitent à vivre «à la carte», la culture du fragment où les grands thèmes ont perdu leur signification, et l’immanentisme dans lequel tant de jeunes vivent enfermés, pourraient faire penser qu’il n’y a pas de place pour une proposition vocationnelle dans la foi aux nouvelles générations. Mais tirer cette conclusion serait une grave erreur.
En effet, aujourd’hui aussi, il y a des jeunes qui cherchent ardemment le sens plénier de leur vie; des jeunes qui sont capables d’un dévouement inconditionnel pour les grandes causes; des jeunes qui aiment passionnément Jésus et qui montrent une grande compassion pour l’humanité. Il y a des jeunes qui ne parlent peut-être pas de signification et de sens de la vie, mais qu’entendent-ils quand ils cherchent avec anxiété le bonheur, l’amour, le succès, la réalisation personnelle? Tout cela fait partie du monde des aspirations de nos jeunes, qui ont besoin d’être ordonnés, comme le fit le Créateur au début des temps, en passant du chaos à l’ordre de l’univers (cf. Gn 1, 1-31).
C’est là que vous pouvez et que vous devez être présents vous aussi, pour aider les jeunes à harmoniser leurs aspirations, à les mettre en ordre. Sans oublier qu’ils demandent, à juste titre, qu’un certain rôle de protagonisme leur soit donné dans tout cela. Les jeunes ne supportent pas les milieux dans lesquels ils ne trouvent pas leur place et ne reçoivent pas de stimulations. Ils doivent être protagonistes, c’est la clef, et des protagonistes en mouvement, pas immobiles.
Il est évident qu’il «existe une pluralité de mondes jeunes » (Exort. ap. post-syn. Christus vivit, n. 68). Il faut de la créativité, qui parte de la conversion pastorale à laquelle nous sommes appelés, pour pouvoir arriver à eux et faire une proposition évangélique qui les aide à discerner la vocation à laquelle ils sont appelés dans l’Eglise. Aussi bien le document final du synode que l’exhortation apostolique Christus vivit pourront vous aider dans l’engagement à rejoindre les jeunes là où vous êtes présents comme ordre trinitaire. Je voudrais maintenant indiquer certains défis que nous présente la pastorale des jeunes et des vocations.
Avant tout, proximité et accompagnement. Les jeunes veulent que nous soyons proches. La pastorale des jeunes et des vocations exige un accompagnement et cela comporte la proximité, être présents dans la vie des jeunes, comme Jésus avec les disciples d’Emmaüs (cf. Lc 24, 15). Les jeunes veulent vous avoir comme compagnons de route, pour chercher ensemble les «puits d’eau vive» où pouvoir étancher la soif de plénitude que ressentent beaucoup d’entre eux (cf. Jn 4, 6-15).
La proximité est la seule chose qui peut garantir une relation féconde — évangéliquement parlant — avec les jeunes. Ouvrez vos maisons et vos communautés aux jeunes, afin qu’ils puissent partager votre prière et votre fraternité, mais surtout ouvrez-leur vos cœurs. Qu’ils se sentent aimés pour ce qu’ils sont, pour la manière dont ils sont. Soyez pour les jeunes des grands frères avec lesquels ils puissent parler, en qui ils puissent avoir confiance. Ecoutez-les, dialoguez avec eux, faites du discernement ensemble. C’est fatigant! Et c’est le prix: votre fatigue. Qu’ils sentent que vous les aimez vraiment et que pour cette raison vous pouvez leur proposer la mesure de l’amour. Quelle est la grande mesure de l’amour? La sainteté, un chemin de vie chrétienne à contre-courant comme celui des Béatitudes (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, nn. 63-94).
Deuxièmement, en sortie. Il faut aller à la rencontre des jeunes, pas seulement ceux qui sont proches, mais aussi ceux qui sont éloignés (cf. Ep 2, 17). Ne pas se limiter à accueillir ceux qui viennent à vous, mais aller également à la rencontre de ceux qui se sont éloignés. Les accueillir tels qu’ils sont. Ne jamais mépriser leurs limites. Les soutenir et les aider jusqu’où c’est possible. Et après les avoir rencontrés, il faut les écouter, les appeler, susciter le désir d’agir pour aller au-delà du confort dont ils se contentent (cf. Document préparatoire du synode sur les jeunes, III, 1); et il faut aussi «le courage, la tendresse et la délicatesse nécessaires pour aider l’autre à reconnaître la vérité et les mensonges ou les prétextes» (Christus vivit, n. 293).
Je vous encourage à marcher avec eux, en sortant des schémas préfabriqués — s’il vous plaît, les pastorales préfabriquées ne sont pas adaptées! —, sans oublier que, en particulier avec les jeunes, il faut être persévérants, semer et attendre patiemment que la graine grandisse et un jour, quand le Seigneur viendra, porte du fruit. Votre tâche est celle de semer, Dieu fera grandir et peut-être d’autres recueilleront-ils les fruits. Que votre pastorale des jeunes soit dynamique, participative, gaie, riche d’espérance, capable de prendre des risques, confiante. Et toujours pleine de Dieu, qui est celui dont les jeunes ont le plus besoin pour combler leur soif de plénitude. Une pastorale pleine de Jésus, qui est l’unique Chemin qui les conduit au Père, l’unique Vérité qui étanche leur soif, l’unique Vie pour laquelle il vaut la peine de tout laisser (cf. Jn 14,6; 1, 35-51).
Et tout cela pourquoi? Pour qu’ils soient saints. C’est la motivation, la force de toute notre vie religieuse, et celle de notre action auprès des jeunes: les conduire à Dieu. Face à la tentation de la résignation, dans la pastorale des jeunes et des vocations, vous est demandée l’audace évangélique pour jeter les filets (cf. Lc 5, 5), même s’il peut sembler que ce n’est pas le temps ou le moment le plus opportun. Face à une vie somnolente, endormie et lasse, il vous est demandé de rester éveillés, pour pouvoir réveiller; il vous est demandé d’être des prophètes d’espérance et de nouveauté, des prophètes de la joie à travers votre vie, en sachant que la meilleure pastorale des jeunes et des vocations est de vivre la joie de sa propre vocation. Et personne ne doit être exclu de cela. Il y a quelques semaines, j’ai lu une lettre — je crois qu’elle a été rendue publique — d’un détenu. La lettre commence ainsi: «Cher frère Christophe». Dans cette prison, il a trouvé Les Fiancés et il a commencé à les lire et il a vu que ce frère Christophe avait fait les mêmes choses que lui. C’est là qu’a commencé l’inquiétude, l’inquiétude…, et ce détenu attend le moment de sortir de prison pour entrer au séminaire. Dieu appelle partout, Dieu ne donne de préférence à personne, il appelle tout le monde. Soyez courageux!
Chers frères, que personne ne vous vole la capacité de rêver et de prophétiser! Brisons nos peurs! Levons-nous! Les jeunes, proches et lointains, nous attendent. Que ma Bénédiction apostolique vous accompagne, vous et tous les frères de l’ordre, les membres de la famille trinitaire et tous ses collaborateurs. Et vous, s’il vous plaît, priez pour moi, j’en ai besoin. Merci!
Al Reverendissimo Padre Fra’ José Narlaly Ministro Generale dell’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi
Caro Fratello,
In quest’anno, in cui l’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi e tutti coloro che sono uniti a esso da vincoli spirituali ricordano l’ottavo centenario della morte del loro Santo Fondatore, Giovanni de Matha, e i quattrocento anni del felice transito di san Giovanni Battista della Concezione, Riformatore dello stesso Ordine, desidero unirmi alla vostra azione di rendimento di grazie a Dio Trinità per queste figure emblematiche per la Chiesa, facendovi pervenire questo semplice messaggio d’incoraggiamento e di vicinanza spirituale, con l’augurio che vi serva da stimolo e da compagnia per avanzare con entusiasmo e decisione lungo il cammino spirituale che essi tracciarono, a gloria di Colui che è tre volte Santo, e per il bene di quanti sono sottoposti a prove diverse.
L’antico motto: Hic est Ordo adprobatus, non a sanctis fabricatus, sed a solo summo Deo (San Giovanni Battista della Concezione, Obras III, 45) che i religiosi trinitari proclamano da sempre, ha origine dalla consapevolezza profondamente radicata in voi che questo carisma è un dono di Dio, accolto dalla Chiesa fin dal suo inizio per mezzo dell’approvazione pontificia. Dio ci ha primereado, ha preso l’iniziativa, scegliendo questi suoi servi per manifestare in loro le sue misericordie. Essi seppero accettare la sfida, con docilità alla Chiesa che discerne i carismi. Così, se oggi celebriamo i dies natales del vostro Fondatore e del vostro Riformatore, lo facciamo proprio perché furono capaci di negare se stessi, di prendere con semplicità e docilità la croce di Cristo e mettersi completamente, in modo incondizionato, nelle mani di Dio, affinché Egli costruisse la sua Opera.
Tutti siamo chiamati a sperimentare la gioia che scaturisce dall’incontro con Gesù, per vincere il nostro egoismo, per uscire dalla nostra comodità e per avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo (cfr. Evangelii gaudium, n. 20). Questo è ciò che fecero, con la loro vita e il loro coraggio apostolico, san Giovanni de Matha e san Giovanni Battista della Concezione. Essi, che conducevano una vita religiosa, rispettabile, sebbene forse un po’ comoda e sicura, ricevettero da Dio una chiamata che sconvolse la loro vita e li spinse a consumarsi e logorarsi a favore dei più bisognosi, di coloro che soffrivano di più per proclamare la loro fede nel Vangelo, di coloro che si voleva privare di questa gioia. Attraverso i secoli, in perfetta sintonia con questo spirito fondazionale, la Casa della Santa Trinità è stata casa del povero e dell’emarginato, un luogo dove si curano le ferite del corpo e dell’anima, e tutto ciò con la preghiera, che, come ben diceva il vostro Santo Riformatore, è una medicina migliore di molti rimedi, e anche con la dedizione incondizionata e il servizio disinteressato e amorevole. Il lavoro, lo sforzo e la gratuità sono riassunti nella Regola di san Giovanni de Matha, nelle parole Ministro e sine proprio (Regola Trinitaria, n. 1). Di fatto i Trinitari sanno bene, e da ciò dobbiamo imparare tutti, che nella Chiesa ogni responsabilità o autorità deve essere vissuta come servizio. Quindi la nostra azione deve essere spoglia di qualsiasi desiderio di lucro o di promozione personale, e deve cercare sempre di mettere in comune tutti i talenti ricevuti da Dio, per indirizzarli, come buoni amministratori, al fine per il quale ci sono stati concessi, ossia per dare sollievo ai più svantaggiati. Questo è l’interesse di Cristo, e perciò le case della vostra Famiglia hanno la «porta sempre aperta» per l’accoglienza fraterna (Direttorio primitivo delle Suore Trinitarie, n. 2, cfr. Evangelii gaudium, n. 46).
Ora, nell’unirmi al vostro canto di lode alla Santissima Trinità per questi grandi santi, desidero pregarvi, seguendo il loro esempio, di non smettere mai di imitare Cristo e, con la forza dello Spirito Santo, di dedicarvi con umiltà a servire il povero e lo schiavo. Oggi ce ne sono molti. Li vediamo ogni giorno e non possiamo passare oltre, accontentandoci di una buona parola. Non è quello che ha fatto Cristo. È condizione di vita acquisire i sentimenti che aveva Cristo, per vedere il suo volto in colui che soffre e per offrirgli la consolazione e la luce che sgorgano dal suo Cuore trafitto. Osate, pure, primerear (cfr. Evangelii gaudium, n. 24), così come san Giovanni Battista della Concezione proponeva ai suoi frati con la simpatica immagine di un gioco di carte, cercando di far capire loro che con questa scommessa sul povero vinciamo la vita autentica e gioiosa.
Per il Santo è questa la sfida che Dio ci propone: i suoi poveri, e se perdiamo questa mano — ci dice —, siamo totalmente persi (Obras III, 79). Non cercate, dunque, per le vostre opere e iniziative apostoliche altro fondamento se non «la radice della carità» e «l’interesse di Cristo», che il mio predecessore, Innocenzo III, considerò i cardini essenziali di questo modo nuovo di vita che approvò con la sua autorità apostolica (Operante divine dispositionis clementia, Bolla 17.12.1198).
Nel salutarvi, mentre imparto la Benedizione Apostolica a tutti i membri dell’Ordine e dell’intera Famiglia Trinitaria, vi chiedo, com’è vostra immemorabile tradizione, di non smettere di pregare per il Papa. So che questa intenzione è costante, insieme a quella per i poveri, e che voi le presentate al Signore ogni sera. Mi rallegra molto pensare che, nella vostra preghiera, ponete il Vescovo di Roma accanto ai più poveri, poiché mi ricorda che non posso dimenticarmi di loro, così come non li dimenticò mai Gesù, che sentì nel più profondo del suo Cuore di essere stato inviato per portare loro una buona novella e che, con la sua povertà, ci ha arricchiti tutti (cfr. Lc 4, 18; 2 Cor 8, 9). Che Egli vi benedica e che la Vergine Santa si prenda cura di voi!
Fraternamente,
Dal Vaticano, 17 dicembre, solennità di san Giovanni de Matha, dell’anno 2013, primo del mio Pontificato.
Francesco pp.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
Sono lieto di accogliere voi che partecipate al Convegno di “Solidarietà Internazionale Trinitaria”, espressione dell’Ordine della Santissima Trinità. Ringrazio il Superiore Generale per le sue parole di saluto e di introduzione.
Mi ha colpito positivamente vedere come avete saputo attualizzare il carisma dell’Ordine dando vita a questa organizzazione, che difende la libertà religiosa non in maniera teorica, ma prendendosi cura delle persone perseguitate e imprigionate a causa della loro fede. Nello stesso tempo, però, non mancano da parte vostra lo studio e la riflessione, che trovano anche modo di esprimersi in ambito accademico attraverso il corso di studi sulla libertà religiosa presso l’Angelicum, cattedra intitolata al vostro fondatore San Giovanni de Matha.
Mi congratulo con voi per questo impegno che portate avanti proprio attingendo al carisma originario. Risaliamo di oltre otto secoli, all’epoca di San Francesco d’Assisi. Lo Spirito Santo suscitò in quel tempo – come sempre fa, in ogni epoca – testimoni capaci di rispondere secondo il Vangelo alle sfide del momento. Giovanni de Matha fu chiamato da Cristo a dare la vita per la liberazione degli schiavi, sia cristiani sia musulmani. Non volle farlo da solo, individualmente, ma fondò a questo scopo un nuovo Ordine, un ordine “in uscita”, nuovo anche nella forma di vita, che doveva essere un apostolato “nel mondo”. E il Papa Innocenzo III diede la sua approvazione e il suo pieno appoggio.
“Ordine della Santa Trinità e dei captivi”, cioè degli schiavi, dei prigionieri. Anche questo abbinamento fa riflettere: la Trinità e gli schiavi. Non si può non pensare alla prima “predica” di Gesù nella sinagoga di Nazaret, quando lesse il brano del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, / a proclamare ai prigionieri la liberazione / […] a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18; cfr Is 61,1-2). Gesù è l’inviato del Padre ed è mosso dallo Spirito Santo. In Lui tutta la Trinità è all’opera. E l’opera di Dio Amore, Padre, Figlio e Spirito Santo, è la redenzione dell’uomo: per questo Cristo ha versato il suo sangue sulla croce. In riscatto per noi, per ognuno di noi. Quest’opera si prolunga nella missione di tutta la Chiesa. Ma nel vostro Ordine ha trovato un’espressione singolare, peculiare, direi “letterale” – un po’ come in Francesco la povertà –, cioè l’impegno per il riscatto degli schiavi. “Riscattare”. E per riscattare qualcuno si deve pagare, e voi pagate con la vostra vita, il prezzo. Questo è bello.
Questo carisma è di flagrante attualità, purtroppo! Lo è sia perché anche nel nostro tempo, che si vanta di aver abolito la schiavitù, in realtà sono tanti, troppi gli uomini e le donne, persino i bambini ridotti a vivere in condizioni disumane, schiavizzati. E sia perché, come opportunamente evidenzia il vostro convegno, la libertà religiosa è violata, a volte calpestata in molti luoghi e in diverse modalità, alcune rozze ed evidenti, altre sottili e nascoste. Un tempo, c’era l’abitudine di dividere l’umanità tra buoni e cattivi: “Questo Paese è buono…” – “Ma fabbrica delle bombe!” – “No, è buono” – “E questo è cattivo…”. No, oggi la cattiveria ha pervaso tutti e in tutti i Paesi ci sono buoni e cattivi. La cattiveria, oggi, è dappertutto, in tutti gli Stati. Anche in Vaticano, forse!
Carissimi, vi ringrazio per il vostro lavoro e vi incoraggio a portarlo avanti, anche collaborando con altre istituzioni, ecclesiali e non, che condividono il vostro nobile scopo. Ma, mi raccomando, senza perdere il vostro specifico, senza “annacquare” il carisma. La Madonna e San Giovanni de Matha accompagnino sempre il cammino dell’Ordine e il servizio della Solidarietà Internazionale Trinitaria. Vi benedico di cuore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
[Benedizione]Dopo la foto vi saluterò, ma scusatemi, devo farlo seduto, non in piedi, perché il ginocchio… È quella malattia che un tempo si chiamava “male di suora”, perché era il tempo in cui le suore pregavano, e per il tanto pregare in ginocchio si ammalavano! Questo guarirà, ma nel frattempo dobbiamo fare le cose bene.